Frodi superbonus, confini ridotti nella confisca per equivalente

No alla confisca per equivalente nelle truffe sul superbonus. Almeno fino a quando il credito fittizio non è incassato oppure portato in compensazione. Solo a questo punto, infatti, si completa la truffa ai danni dello Stato. Lo chiarisce la Cassazione con la sentenza n. 23402 della Terza sezione penale, con cui è stata annullata l’ordinanza con la quale il tribunale di Udine aveva confermato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, disposto dal Gip su una somma considerata profitto del reato di truffa ai danni dello Stato. A essere colpita dalla misura cautelare era stata una srl, per i proventi ottenuti attraverso la cessione a terzi di crediti d’imposta fittizi, prodotti attraverso false attestazioni.

La truffa allo Stato

Tra i principali motivi di ricorso la difesa aveva fatto valere il fatto che la confisca per equivalente non può essere applicata al tentativo di truffa ai danni dello Stato, neppure nella ipotesi aggravata. Argomento condiviso dalla Cassazione, che ha ricordato come per la consumazione del reato di truffa non è sufficiente «l’assunzione di un debito da parte del raggirato, ma è necessaria l’effettiva perdita del bene oggetto dell’obbligazione da parte del medesimo soggetto».
Un principio affermato nel 2000 dalle Sezioni unite penali e che ha trovato applicazione anche nel caso del reato aggravato, dove, in ambito penale tributario, si è precisato che il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato realizzata attraverso l’attività di “discarico” di cartelle esattoriali relative a sanzioni amministrative si consuma non tanto con l’accoglimento della richiesta con emanazione dello sgravio, quanto piuttosto con la cancellazione dal ruolo.

La costituzione del falso credito fiscale

Il provvedimento oggetto dell’impugnazione, invece, ha ritenuto già perfezionato il reato per effetto della costituzione del falso credito fiscale, per effetto della falsa asseverazione effettuata e della successiva cessione, affermando, anzi, espressamente l’irrilevanza dell’utilizzo del medesimo credito in compensazione. Una conclusione destituita di fondamento, alla luce dell’orientamento della stessa Cassazione, che valorizza il fatto che solo quando i crediti ceduti sono stati materialmente riscossi o incassati si è prodotto un danno per lo Stato. Nella creazione e utilizzo del superbonus vanno, infatti, distinti tre momenti. Il primo è quello della creazione dei crediti di imposta, attraverso le (ipotizzate) false asseverazioni e gli sconti in fattura. Poi questi crediti vengono ceduti a terzi, dietro un corrispettivo: a questo punto non c’è ancora danno per l’Erario perché i crediti non sono stati liquidati. Questo danno si consolida solo nella terza fase, con le compensazioni: è qui che scattano la truffa aggravata e la confiscale per equivalente.
Comincia, con questa decisione, a essere inquadrata la confisca collegata ai bonus edilizi. Finora, infatti, la Cassazione ha analizzato con diverse sentenze soprattutto un’altra ipotesi, collegata a questa: quella del sequestro impeditivo. Spiegando che, in caso di truffa, è possibile congelare il credito fiscale anche se questo è passato di mano. Quindi, è possibile applicare una misura cautelare anche se i crediti, come spesso è avvenuto, sono stati trasferiti a un intermediario o a un istituto di credito.

Fonte: Il Sole 24 Ore