
Gas release, l’appello delle industrie energivore: «Urgente, c’è rischio chiusura»
La parola ricorrente è «urgenza». La manifattura italiana che va a gas, riunita alla tavola rotonda organizzata da Gas Intensive dal titolo “Gas Release: misura essenziale per la competitività della manifattura e del Paese” testimonia le crescenti difficoltà industriali e di competitività legate al prezzo in aumento della materia prima e lancia un appello alla politica. Soprattutto in un momento congiunturale in cui non è più possibile, come nel 2022, trasferire i rincari sulle vendite visto il rallentamento della domanda. «Se non interveniamo, rischiamo una catastrofe», sintetizza Aldo Chiarini presidente di Gas Intensive, consorzio che rappresenta le maggiori industrie gasivore: resta da capire se lo strumento della Gas release, immaginato per offrire la materia prima a prezzo calmierato a fronte di un aumento della produzione nazionale, sia ancora una strada percorribile o se vada integrata o sostituita, anche tenendo conto degli ultimi cambiamenti geopolitici.
La voce delle filiere
«Rischiamo la delocalizzazione delle grandi imprese e le Pmi della ceramica dovranno ridimensionarsi o chiudere. E il problema diventerà sociale», testimonia Augusto Ciarrocchi, presidente di Confindustria Ceramica: «Già la concorrenza è molto forte: i produttori cinesi e indiani hanno dalla loro parte costo dell’energi e della manodopera e fanno dumping. Dovremo ripensare anche il sistema degli Ets per non penalizzare l’industria perché a oggi per non c’è una tecnologia certa di decarbonizzazione». «Il mondo del vetro ha tante realtà molto vulnerabili. Una simbolica: a Murano nel 2022 in tanti hanno chiuso e non hanno più aperto. Il prezzo del gas ha giocato ruolo importante, oltre ad altri motivi. Ci porta fuori dal mercato. Bisogna trovare adeguati supporti perché questo non avvenga», ha aggiunto Massimo Noviello, past-president di Assovetro.
«Stiamo chiudendo bilanci in perdita. L’industria della carta italiana è la seconda produzione d’Europa, tra poco non lo saremo più. Ogni anno importiamo il 2% di carta in più, oggi importiamo il 10% in più rispetto a quattro anni fa. Molti nostri associati hanno cominciato a rallentare la produzione, non accettare commesse e dare quindi spazio all’importazione», racconta Lorenzo Poli, presidente di Assocarta.
Prezzi del gas
Attualmente, i prezzi del gas in Italia sono più del doppio rispetto a quelli del periodo pre-covid (58 euro al MWh dai 25 medi del periodo dal 2010 al 2018) e molto più alti in Italia rispetto agli Usa (dove il gas costa circa 10 euro al MWh), ma anche nei confronti dei Paesi europei. In Italia il valore del Pvs, il punto virtuale di scambio cioè l’unità di misura nazionale, registra sistematicamente uno spread col Ttf olandese di circa 2 euro MWh.
Nonostante oggi – dopo la chiusura dei flussi dalla Russia – la maggior parte del gas disponibile per il Paese provenga dal Sud (con Algeria primo fornitore) e dal Gnl, è però quel residuo di gas importato dal Nord, sul cui prezzo è caricato il citato spread, a risultare marginale sulla formazione del prezzo al Psv per l’intero volume di gas immesso al mercato.
Fonte: Il Sole 24 Ore