Gestione del caldo nei luoghi di lavoro: parti sociali, nessuna intesa sul protocollo

Sulla gestione dell’emergenza caldo nei luoghi di lavoro, il governo ha proposto l’adozione dello stesso protocollo che è stato presentato nell’estate del 2023, incontrando anche quest’anno la non condivisione delle imprese sullo strumento proposto, che hanno ribadito: le regole già ci sono basta applicarle. A favore del Protocollo, invece, si sono espressi Cgil, Cisl e Uil che chiedono di fissare nuovi adempimenti con valore cogente. Da associazioni datoriali e sindacati, è arrivata inoltre la comune richiesta di rendere strutturale il ricorso agli ammortizzatori sociali, ampliando la causale per eventi meteo e, in caso di ordinanza dell’Autorità, per l’analoga causale, anche ai casi di caldo eccessivo, come previsto dal Dl 98 del 2023 scaduto alla fine dello scorso anno. Il ministro del Lavoro, Marina Calderone, è favorevole a confermare la disposizione ma resta capire se ci sono le risorse.

L’incontro al ministero del Lavoro, con il sottosegtretario Claudio Durigon e le parti sociali, ha dunque avuto lo stesso epilogo dell’ultimo tavolo di settembre 2023: sono emerse due diverse posizioni tra imprese e sindacati.

Le imprese: c’è un’ampia strumentazione che va applicata

Le associazioni datoriali dell’industria, del commercio, artigianato, agricoltura, del mondo della cooperazione hanno espresso la stessa posizione. Sintetizzabile nell’intervento del rappresentante di Confindustria. «c’è la massima attenzione a garantire la salvaguardia delle condizioni di sicurezza dei lavoratori – hanno detto da Viale dell’Astronomia -. Non servono misure ulteriori, abbiamo già una vasta strumentazione normativa ed applicativa che si occupa anche della gestione del caldo per i lavoratori esposti al caldo, che comprende le indicazioni del ministeri del Lavoro e della Salute, di Inl, Inail, Asl, circolari Inps, ordinanze regionali. Talvolta questi strumenti fanno riferimento a parametri diversi, è il caso del bollettino del ministero della Salute e del worklimate, il portale Inail. Ma soprattutto in capo al datore di lavoro c’è la valutazione di tutti i rischi, che comprende le condizioni di caldo estremo. L’ennesimo appesantimento burocratico non rappresenta la soluzione, vanno applicate le norme esistenti».

L’altra preocupazione delle imprese, espressa dall’Ance è che nei casi in cui le ordinanze regionali prevedano interruzioni dell’attività lavorativa nelle ore calde, negli appalti pubblici e privati non si faccia ricadere la responsabilità del ritardo nella consegna dei lavori sull’impresa esecutrice.

I sindacati: estendere le protezioni a tutti i settori comprendendo gli stagionali

Per Francesca Re David (Cgil) «abbiamo una legislazione che dice che oltre 35 gradi, con differenze tra al chiuso e all’aperto, non si può lavorare ma non dice che cosa succede se continui a lavorare. Vogliamo ammortizzatori sociali che consentano anche agli stagionali e non solo ai tempi indeterminati, agli edili e a tutti, di aiutare l’interruzione del lavoro, una diversa organizzazione del lavoro concordata col sindacato laddove si può intervenire rispetto a questo rischio e vogliamo una norma cogente».

Fonte: Il Sole 24 Ore