Gli spedizionieri: «Lo sciopero dei portuali Usa avrà ricadute anche in Italia»

«Esportatori e spedizionieri guardano con estrema preoccupazione alla situazione che, dall’1 ottobre 2024, bloccherà i porti della costa Est degli Usa e del Golfo del Messico. Gli Stati Uniti sono il primo partner commerciale dell’Italia fuori dall’Europa. Con lo sciopero, ogni settimana, si stima che, a livello mondiale, saranno circa 500mila i contenitori che non potranno sbarcare o raggiungere le destinazioni finali. Un danno gravissimo all’economia Usa, ai suoi consumatori, ma anche agli esportatori, che certamente vedranno lievitare il costo dei noli già nelle prossime settimane».

Perdite fino a 4,8 miliardi secondo Jp Morgan

A parlare è Giampaolo Botta, direttore generale di Spediporto, l’associazione degli spedizionieri di Genova, che esprime preoccupazione in merito all’agitazione che sta iniziando nei porti della parte orientale degli Usa. Uno sciopero, ricorda, che «arriva a quasi un anno dal primo attacco dei ribelli Houthi contro le navi in transito nel canale di Suez, e che rischia di mandare nuovamente in crisi il mercato mondiale dei contenitori, con perdite giornaliere che Jp Morgan stima tra i 3,8 e i 4,5 miliardi di dollari».

Lo sciopero interessa 36 porti situati tra la costa orientale e il Golfo del Messico; l’astensione dal lavoro, proclamata dall’International longshoremen’s association (Ila), coinvolge circa 45mila addetti e paralizzerà le attività di scali in grado di movimentare tra il 40 e il 50% dei volumi di tutti i porti statunitensi. Le perdite di volume in un mese, potrebbero raggiungere i 2 milioni di contenitori.

Ripercussioni sui porti del Mediterraneo

Anche i porti del Mediterraneo, secondo Spediporto, subiranno pesanti ripercussioni: «sono a rischio, ogni settimana circa 71mila contenitori, in ambo le direzioni, sull’asse con la costa orientale degli Stati Uniti». Paese che, per il porto di Genova, «rappresenta un riferimento imprescindibile: gli ultimi dati disponibili da parte dell’Autorità di sistema portuale, riferiti al 2022, parlano di 336mila contenitori movimentati tra imbarco e sbarco. Una cifra superiore a quella legata, ad esempio, a tutte le destinazioni europee».

Si tratta, osserva Botta, «di un ulteriore elemento di destabilizzazione della filiera logistica, che dovrà essere affrontato dagli operatori. Infatti, dopo l’Ucraina, la crisi di Suez e del Medio Oriente nonché quella di Panama, ora arriva anche lo shut down dei docker della East Coast a togliere il sonno agli operatori».

Fonte: Il Sole 24 Ore