Gli stipendi dei medici italiani tra i più bassi in Europa: sciopero confermato il 20 novembre

Gli stipendi dei medici italiani sono tra i più bassi in Europa, a cominciare soprattutto dai giovani specializzandi che risultano al quint’ultimo posto come indica uno studio della Federazione europea dei medici salariati (Fems) che considera i dati su 21 paesi Ue. Siamo sotto la metà classifica anche per i medici già in carriera, mentre va un po’ meglio nel confronto europeo solo per i dottori con 25 anni di lavoro alle spalle. Per i sindacati serve dunque “un cambio di rotta immediato” e per questo confermano lo sciopero il prossimo 20 novembre proclamato subito dopo il varo della manovra che prevede al momento solo mini aumenti che non soddisfano affatto i camici bianchi.

Le differenze di stipendio cominciano già a inizio carriera

“Il quadro italiano in rapporto all’Europa appare molto allarmante, anche considerando gli ultimi dati Censis che evidenziano come nel periodo 2015-2022 i salari dei dirigenti medici in Italia siano calati del 6,2% e la spesa dei contratti a tempo indeterminato diminuita del 2,8%”, commentano Alessandra Spedicato presidente Fems e Pierino Di Silverio, segretario nazionale del sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed. Secondo lo studio Fems la remunerazione dei medici in formazione specialistica in Italia che si aggira sui 1700 euro, corretta per il potere di acquisto, è al di sopra solo di Spagna, Grecia, Repubblica Ceca e Slovacchia; la Spagna, però, recupera una posizione più vantaggiosa al momento dell’ingresso dei medici da specialisti nel sistema sanitario. Paesi come Olanda, Germania, Austria e Svezia mostrano invece sin dall’inizio della carriera un forte investimento nella remunerazione per fidelizzare e valorizzare il professionista con stipendi per i giovani medici (corretti per il potere d’acquisto) che vanno dai 2500 a oltre 3mila euro.

Anche Paesi come Bulgaria e Romania ora investono sui medici

Per quanto riguarda i medici già in carriera (da 0 a 10 anni e poi fino a 25 anni di anzianità) il dato nuovo che emerge da questo studio è, però, che, accanto alla consolidata posizione di Germania, Francia, Austria ed Olanda che garantiscono stipendi (sempre corretti per potere d’acquisto) che si aggirano tra i 5mila e oltre i 6mila euro netti al mese (contro gli scarsi 4mila euro degli italiani), si affacciano Paesi che investono molto nei professionisti sanitari, anche per arginare il fenomeno migratorio come nel caso della Bulgaria e della Romania che offrono stipendi sempre più concorrenziali. Spedicato e Di Silverio precisano che “non è solo una questione economica che spinge i dirigenti medici e sanitari a fuggire dagli ospedali – 8mila solo nell’ultimo anno e mezzo – ma anche le condizioni di lavoro, penalizzate dalle mancate assunzioni, le scarse possibilità di carriera – il 12% arriva ai livelli apicali, di cui solo il 2% donne – inficiate da scelte politiche che non premiano il merito, il mancato rispetto dei contratti sottoscritti, la deficitaria sicurezza dovuta al crescere delle aggressioni e le denunce civili e o penali”. 

La conferma dello sciopero il prossimo 20 novembre

“Occorre un cambio di rotta immediato e anche con questo obiettivo il 20 novembre saremo a scioperare e in piazza a manifestare, sapendo che questa giornata, in assenza di risposte positive, non resterà isolata”, confermano Spedicato (Fems) e Di Silverio (Anaao Assomed). “Se pure il Governo in carica non è il solo responsabile dello stato della sanità italiana – evidenziano – potrebbe essere responsabile del colpo di grazia ad un Ssn in crisi profonda”. “La questione delle retribuzioni dei medici”, tema dell’analisi della Fems che mostra come l’Italia non si posizioni bene su 21 Paesi europei presi in considerazione, “è questione politica perché riguarda il valore del lavoro e quello di chi lo fa, e perché una politica retributiva inadeguata disincentiva la domanda di formazione e alimenta le fughe. E’ ora che alle parole (”il rilancio della sanità pubblica passa dalla valorizzazione del personale”) seguano i fatti”.

Fonte: Il Sole 24 Ore