Google deve temere l’ingresso di OpenAi nel mercato della ricerca?
Il quarto dato di realtà è invece legato al funzionamento dei motori con l’ai. Come abbiamo spiegato ad oggi sostanzialmente, riassumono i risultati della ricerca, offrono citazioni per le sue risposte e aiutano gli utenti ad affinare le loro domande per ottenere le migliori risposte. Per chi cerca informazione, il cambiamento è sostanziale perché si passa da una lista di link da cliccare a qualcuno che risponde alle tue domande e cerca di capire cosa vuoi sapere. Usando un po’ questi strumenti per lavoro e per studio, ti accorgi che funzionano meglio, soprattutto se le domande sono complesse. Se, per esempio, non hai chiaro neanche tu quello che stai cercando, se ti muovi in terreni che non domini completamente, se hai bisogno di domande alle tue domande, la possibilità poi di condividere con terzi quello che chiedi rende la ricerca un lavoro condiviso con prompt di più persone assieme. Se invece vi servono informazioni più puntuali, più semplici e immediate, come l’età dell’attore, il risultato della partita di calcio o la località con determinate caratteristiche, Google Search, solo per fare un nome, rimane oggi la scelta più veloce, più precisa e più efficiente. Quindi se ti fidi, e lo usi come un motore di ricerca tradizionale può generare disinformazione perché una risposta in linguaggio naturale è per sua natura più assertiva e convincente di una lista di link da cui è più facile prendere le distanze.
Quindi per chi è un problema?
Riassumendo, come farebbe un buon chatbot, OpenAi non sfida Google che domani durante l’annuale conferenza degli sviluppatori Google I/0 mostrerà nuove integrazioni del suo LLM più potente Google Pro 1.5 nel suo ecosistema. La stimolererà però a cambiare strutturare velocemente modello di business per Search Generative Experience (SGE), che è l’applicazione dei chatbot ai motori di ricerca. . L’impressione è che Google abbia tutto molto chiaro da un punto di vista tecnologico su come far funzionare il motore di ricerca con l’AI. Le manca forse un’idea più chiara sul modello di business, cioè su come guadagnare da questi nuovi strumenti.
Di certo complica la vita a Microsoft che farà un po’ più di fatica a differenziare ai suoi azionisti la differenza tra Bing e la nuova creatura di OpenAi.
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Fonte: Il Sole 24 Ore