Google rifiuta le regole Ue sul fact checking

Google rifiuta le regole Ue sul fact checking

Google ha fatto sapere all’Unione europea che non aggiungerà il fact-checking ai risultati di ricerca e ai video di YouTube, né introdurrà sistemi per classificare o rimuovere contenuti. Lo scrive l’agenzia Axios che ha potuto consultare il documento presentato dalla società americana alla Ue. Google di fatto sceglie così di non allinearsi alle regole europee e di seguire invece la linea degli Stati Uniti di Donald Trump ed Elon Musk, favorevoli a minori controlli sui social media e sui contenuti diffusi in rete. Già Mark Zuckerberg ceo di Meta ha annunciato, la settimana scorsa, l’abbandono del sistema di fact-checking indipendente – per Facebook, Instagram e WhatsApp – piegandosi al modello di X la piattaforma di Musk.

Google non ha mai incluso il fact-checking come parte delle sue pratiche di moderazione dei contenuti. L’azienda aveva già segnalato a Bruxelles che non aveva intenzione di cambiare le sue pratiche, ma è uscita allo scoperto per riaffermare la sua posizione in netto contrasto con il Digital Services Act europeo (Dsa).

In una lettera scritta a Renate Nikolay, vicedirettore generale del ramo contenuti e tecnologia della Commissione europea, il presidente degli affari globali di Google, Kent Walker, ha affermato che l’integrazione del fact-checking richiesta dalle regole di condotta sulla disinformazione della Commissione «semplicemente non è appropriata o efficace per i nostri servizi» e ha affermato che Google non si impegnerà a rispettarla. Il regolamento europeo del Dsa – primo nel suo genere nel mondo, e pienamente applicabile dal 17 febbraio del 2024 – richiederebbe a Google di incorporare i risultati del fact-checking insieme ai risultati di ricerca di Google e ai video di YouTube, costringerebbe quindi l’azienda di Mountain View a integrare la verifica dei contenuti nei suoi algoritmi.

Walker ha affermato che l’attuale approccio di Google alla moderazione dei contenuti funziona e ha indicato come prova la moderazione dei contenuti di successo durante il «ciclo senza precedenti di elezioni globali» dell’anno scorso. Ha inoltre sottolineato «la notevole forza» della funzione aggiunta a YouTube l’anno scorso, che consente ad alcuni utenti di aggiungere note contestuali ai video: si tratta di una funzione basata sulle segnalazioni degli utenti, del tutto simile alle Community Notes di X, e al nuovo sistema di moderazione annunciato da Meta la scorsa settimana.

La Commissione europea ha aperto una inchiesta nel 2023 contro X per verificare l’eventuale diffusione di contenuto illegale, l’efficacia delle misure contro la manipolazione delle informazioni, e la trasparenza sui dati messi, anche per il mercato pubblicitario.

Fonte: Il Sole 24 Ore