Granchio blu, arriva il piano straordinario da 10 milioni di euro

Granchio blu, arriva il piano straordinario da 10 milioni di euro

Cattura selettiva delle femmine, sostegno allo smaltimento e investimenti per la ripresa delle attività economiche delle imprese di pesca. Sono queste le attività previste dal Piano straordinario per la lotta al granchio blu presentato dal ministero dell’Agricoltura e firmato da Enrico Caterino, il commissario all’emergenza nominato lo scorso settembre dal governo. Il piano vale per il biennio 2025-2026 e dispone di uno stanziamento di 10 milioni di euro, che si andranno a sommare ai 44 milioni messi finora in campo per l’emergenza. Una volta approvato, il programma partirà a primavera quando, dopo la pausa invernale, il granchio blu inizierà a proliferare. L’area di intervento del piano interessa principalmente il Delta del Po, le lagune e i tratti costieri dell’Alto Adriatico. In un secondo momento, ha detto il commissario, potrà essere allargato anche ad altre aree dove la presenza del granchio blu è consistente, come Sardegna, Puglia e Toscana. «Il punto di forza del piano è la pesca selettiva – ha detto Caterino – che sarà attuata con l’ausilio dei pescherecci. Primo obiettivo sono le femmine, che depongono tra le 700mila e i due milioni di uova, non sappiamo ancora se due o tre volte l’anno».

«Abbiamo lavorato – ha detto il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida – con i centri di ricerca e con tutti quelli che potevano contribuire per la redazione di un piano che potesse essere efficace per il rilancio delle attività di acquacoltura e per riutilizzare il granchio blu a fini di crescita economica e di sviluppo, anche attraendo investimenti esteri molto interessati a questo prodotto. Di fatto si sono già create delle filiere commerciali, inizialmente con delle start up e poi adesso anche con investimenti di carattere estero, oltre che italiano, che permettono ai consorzi di acquacoltura di dare valore a un prodotto che prima era solamente un problema di scarto».

L’intervento messo in campo dal governo, però, potrebbe non bastare. Secondo la Coldiretti, i danni causati dal granchio blu alla pesca italiana sarebbero ormai raddoppiati rispetto ai 100 milioni di euro stimati a metà 2024. Mentre per il presidente di Legacoop Agroalimentare, Cristian Maretti, «molte delle azioni previste dal piano sono quelle messe in atto finora e sono servite per contenere la crescita del granchio, ma non la sua riduzione. Per le misure sono stati previsti 10 milioni di euro per quelle di competenza commissariale, ma per continuare a fare le azioni del piano ne serviranno altri».

Dalla primavera del 2023 la produzione di vongole sia nel Veneto che in Emilia Romagna è stata quasi del tutto cancellata dagli attacchi del granchio blu e la stessa sorte è stata riservata agli allevamenti di cozze, in particolare quelli della pregiata Scardovari Dop. «La crisi – sostiene la Coldiretti – minaccia la sopravvivenza di oltre 2mila famiglie nella regione, con molti dipendenti di cooperative e consorzi posti in cassa integrazione, mentre i lavoratori delle ditte individuali non possono usufruire di alcun sostegno». Per contrastare la diffusione del granchio, Coldiretti suggerisce di utilizzare predatori naturali autoctoni, come il branzino, mentre in merito alla proposta del commissario di uno schiuditoio nazionale per sostenere la crescita delle vongole, «si potrebbe ipotizzare di puntare su quelli territoriali, per far ripartire le imprese di allevamento di vongole». Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, riconosce le difficoltà del settore: «C’è stata una situazione di danno notevole con il 100% di venire meno delle vongole, però adesso si comincia ad andare avanti: c’è un piano per la raccolta, ma anche un piano per il riutilizzo, nel senso che il granchio blu, che è una specie aliena, sta diventando un percorso di nuove economie».

Smaltire il granchio blu è costoso: «C’è la barca che si sposta, e la giornata che il pescatore deve guadagnare – spiega il vicepresidente di Confcooperative Fedagripesca, Paolo Tiozzo – nel piano straordinario del commissraio c’è l’ipotesi di pagare 1 euro al chilo il granchio come indennizzo al pescatore, e 50 centesimi al chilo quello che è lo smaltimento. Ma la maggior parte del granchio pescato non è un granchio che è appetibile al mercato. Solo il 10% lo è. Perciò dovendo contenere per forza la biomassa del granchio siamo obbligati allo smaltimento».

Fonte: Il Sole 24 Ore