“Grand Tour” e “La stanza accanto”, due esperienze cinematografiche da non perdere

“Grand Tour” e “La stanza accanto”, due esperienze cinematografiche da non perdere

Il cinema dei grandi festival è protagonista del weekend in sala: tra le novità della settimana ci sono infatti “Grand Tour” di Miguel Gomes, Premio per la miglior regia all’ultimo Festival di Cannes, e “La stanza accanto” di Pedro Almodóvar, vincitore del Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia di quest’anno.

Partendo dal film del regista portoghese, il “Grand Tour” del titolo fa riferimento al viaggio che compiono due personaggi: nel 1917, in Birmania, un funzionario dell’Impero britannico fugge dalla fidanzata che l’ha raggiunto in terra asiatica per sposarlo. Lei, però, non demorde e segue le sue tracce in un percorso ricco di imprevisti.

Si apre mostrando una ruota panoramica, questo film privo di un baricentro e costruito su una sceneggiatura che porterà, volutamente, anche noi spettatori a perderci insieme ai personaggi in scena.

Quello che compiono i due protagonisti del film è un percorso dentro loro stessi, un “grande tour” mistico e spirituale, che unisce spunti storico-politici sulla colonizzazione, abbandonando però le classiche coordinate spazio-temporali per immergerci in uno scenario profondamente simbolico. C’è ampio spazio per la malinconia e per passaggi fortemente emotivi in questa pellicola contraddistinta da un forte utilizzo della voce narrante e dal desiderio di Gomes di continuare a giocare con la narrazione e la sperimentazione, come aveva già fatto nel bellissimo “Tabu” del 2012 e in quel gigantesco progetto del 2015 che risponde al titolo di “Le mille e una notte – Arabian Nights”, un’opera divisa in tre parti per la durata complessiva di 382 minuti, che utilizzava l’omonima raccolta di racconti per riflettere con forza su vari aspetti del Portogallo e del mondo contemporaneo.

Un viaggio mistico

Se è vero che anche noi spettatori è come se viaggiassimo insieme ai personaggi, quello che ci troviamo di fronte – più che un film – è un’esperienza audiovisiva mistica e affascinante, che può risultare sublime o respingente a seconda che si riesca effettivamente a entrare nella poetica di un regista che continua ad alzare l’asticella e il cui talento non lascia mai indifferenti.

Fonte: Il Sole 24 Ore