Guerre per la lingua e battaglie di civiltà

Lavorando all’università, a contatto con l’ufficio che si occupa della comunicazione (non c’era, quand’ero studente io, adesso c’è, e già questo meriterebbe una riflessione), ho visto il problema arrivare, qualche anno fa. Gentili professori… Cari studenti… si scriveva. Ma, qualcuno ha osservato giustamente, ci sono anche le professoresse, le studentesse. Perciò abbiamo corretto: Gentili professoresse, gentili professori… Care studentesse, cari studenti…

Poi qualcuno ha notato che questo vecchio galateo (prima le donne) non si giustificava, era addirittura sospetto (prima le donne, perché il mondo lo governano gli uomini), quindi sarebbe stato meglio cercare una formula neutra. Professor*? Student*? Meglio così? Mica tanto, perché l’asterisco neutralizza, ma quello che si chiama tema rimanda chiaramente al genere maschile. Cari membri della nostra comunità accademica? Meglio, anche se anche membro è chiaramente maschile. Pensandoci bene: anche troppo.

Di tal genere, se non tali appunto, sono stati i problemi linguistici che negli ultimi anni hanno agitato la vita delle università (e delle scuole, degli uffici pubblici, delle case editrici, eccetera: tutti i luoghi di lavoro in cui si scrivono testi rivolti a un pubblico molto scolarizzato e pagante, e perciò spesso molto sensibile).

Problemi non insormontabili in sé, ma aggravati dal concorso di due circostanze a loro volta problematiche, cioè tali da complicare anziché risolvere il Problema.

In primo luogo, il fatto che chi si occupa di queste cose, cioè chi è incaricato di redigere queste comunicazioni scritte non ha quasi mai la più pallida idea di come funziona la lingua (cioè molto semplicemente non sa distinguere un pronome da un aggettivo, o la morfologia dalla fonetica), perché non ha studiato a sufficienza questi argomenti, che possono essere complicati.

Fonte: Il Sole 24 Ore