Gussalli Beretta: «Brescia rallenta, all’industria mancano ordini»
«La preoccupazione è alta, in Germania e Francia sta accadendo qualcosa che fino a pochi anni fa sarebbe stato inimmaginabile. E alla nostra industria mancano ordini». Per Franco Gussalli Beretta, presidente di Confindustria Brescia, i motivi di ottimismo sono al momento limitati. Alla luce di un quadro che vede l’industria bresciana in frenata, con un calo di produzione già acquisito dell’1,3% (qualora il quarto trimestre risultasse stabile) e una caduta dai volumi diretti verso il primo mercato di sbocco, cioè la Germania: solo due aziende su 10 presentano dati in crescita rispetto a quanto accadeva nel 2021. «In tanti momenti le nostre aziende hanno approfittato della crescita dei mercati esteri – spiega nell’incontro di fine anno con la stampa – ma ora è accaduto qualcosa di impensabile in Francia e soprattutto in Germania: tensioni politiche e rallentamento economico che colpiscono le colonne portanti del nostro export e segnano in maniera molto dolorosa le nostre aziende». Se il mercato del lavoro ancora non è impattato da questa dinamica (+15mila occupati tra gennaio e giugno, Cig addirittura in lieve calo nei nove mesi), la sensazione è che anche in questo ambito il quadro sia destinato a peggiorare. «Al momento i dati sono positivi – spiega l’imprenditore – ma parlando con i miei colleghi sento che finora hanno tamponato la situazione con altri strumenti, ad esempio le ferie, ma che in prospettiva il ricorso agli ammortizzatori sociali ci sarà».
Esito del resto prevedibile per uno dei territori più “connessi” con la Germania (vale il 18% dell’export provinciale manifatturiero), area che ha nelle due filiere della componentistica auto e della sidermetallurgia i pilastri industriali più significativi, settori minacciati dal contesto geopolitico e normativo attuale.
«Il percorso Fit for 55 nella sua applicazione è stato veramente nefasto – spiega Gussalli Beretta- perché ci si è completamente dimenticati del mercato. Che ora è disorientato, non acquista le auto elettriche e spinge le aziende a chiudere gli impianti. L’auspicio è che Bruxelles riconsideri il suo approccio, diversamente il rischio concreto è quello di chiudere completamente un settore chiave che alimenta un vasto indotto. Dal Governo sento dire che mancano risorse ma questo ragionamento mi pare miope. Perché se nell’industria si moltiplicano rallentamenti produttivi, cassa integrazione e chiusure, il contributo alle casse dello Stato evidentemente si riduce».
Altro nodo, che colpisce in modo diretto siderurgia e lavorazione dei metalli, è il prezzo dell’energia. Dai calcoli del Centro Studi di Confindustria Brescia la bolletta complessiva delle imprese del territorio è pari a 1,33 miliardi, in linea con quanto accaduto nel 2023 (1,40) e in forte discesa rispetto ai picchi del 2022, massimo storico con un costo globale di oltre 3,8 miliardi. Rispetto ai valori pre-Covid, tuttavia, (586 milioni) si viaggia ancora su valori più che doppi. Nei primi dieci mesi del 2024 il prezzo spot rilevato in Italia si è attestato sui 104 €/MWh, il doppio di Francia e Spagna, il 44% in più rispetto alla Germania. «Il valore dell’elettricità va disaccoppiato da quello del gas – spiega – e questo è l’unico modo per sfruttare la produzione delle rinnovabili e far scendere il prezzo».
Fonte: Il Sole 24 Ore