
Herno verso i 200 milioni di euro di ricavi
«Il 2024 si è chiuso in crescita come previsto: i ricavi sono passati da 175 milioni a 186 milion. La campagna vendite per l’A-I 2025-26 sta andando bene e immaginiamo anche quest’anno di mettere a segno un + 7/8% e arrivare vicini ai 200 milioni. La situazione, però, è complicata e penso che dovremo abituarci alla gestione di continue difficoltà». È un’analisi lucida quella di Claudio Marenzi, presidente di Herno, marchio di abbigliamento da uomo e da donna che, partito dai capispalla tecnici, è cresciuto fino a diventare un total look. Durante la fashion week di Milano ha presentato la collezione donna per l’A-I 2025-26 – articolata in quattro visioni stilistiche: Origin, Excellence, Conceptual e Functional Wardrobe – nel nuovo showroom milanese, inaugurato un anno fa: «La collezione donna assorbe il 60% dei ricavi ed esprime la nostra idea di stile a tutto tondo, che la consumatrice sta apprezzando molto. Le nuove categorie merceologiche, a livello generale, sono arrivate a pesare il 40% nella collezione invernale e il 50% in quella estiva anche grazie ai monomarca, che ci hanno permesso di aumentare la brand awareness».
Proprio grazie al retail il marchio si sta imponendo, un passo dopo l’altro, in tutto il mondo: «Inclusi quelli in Asia, abbiamo una cinquantina di negozi diretti di cui due, importanti, aperti nel 2024 e partiti molto bene: a New York, in Madison Avenue, e a Madrid. Il 2025 sarà un anno di consolidamento e di lavoro sulla rete di negozi che già esiste e che vogliamo rendere sempre più efficiente». In questi anni è stato importante, secondo Marenzi, «mantenere l’attenzione sul value for money. Questo a volte ci dà problemi sul fronte dell’ebitda, che magari non è allineato agli standard di settore, ma ritengo che il nostro mestiere sia produrre una collezione che incontri i desideri dei nostri clienti a un prezzo giusto».
Tra le sfide con cui le aziende, Herno inclusa, devono fare i conti l’imprenditore individua non solo le grandi questioni geopolitiche ma anche «problematiche endogene al nostro sistema: un costo del lavoro elevato da un lato e dall’altro la difficoltà a reperire manodopera che rende difficile anche crescere. È un mondo complicato a cui appartenere e credo che nel nostro sistema assisteremo a una rarefazione delle imprese: dobbiamo stare molto attenti a preservare la manifattura conto terzi, fatta di piccole aziende, che è essenziale per la tenuta del sistema».
Fonte: Il Sole 24 Ore