I malati di Alzheimer aiutati dal robot Hero

L’accudimento di un bambino, anche attraverso la simulazione, fa bene ai malati di Alzheimer. È quanto emerge dalla sperimentazione “Hero”, realizzata da un gruppo di ricerca dell’Università di Napoli Federico II, il Japanese institute for advanced study e la Residenza del sole di Cinisello Balsamo, nell’hinterland milanese (di proprietà della Cooperativa Sole, specializzata nei servizi socioassistenziali rivolti a persone anziane con demenza senile o affette da patologie critiche). Un’innovazione che al momento è tanto semplice quanto rivoluzionaria: Hero è il nome di un bambolotto senza volto, che emette gemiti proprio come quelle usate dai bambini. Si tratta tecnicamente di un robot dal design minimale. Si differenzia dai noti robot umani e social robot perché offre una rappresentazione astratta del corpo, senza molti dettagli, come una bambola di pezza. Volutamente non ha una faccia, perché proprio le sperimentazioni hanno messo in rilievo che i pazienti, in questa sorta di “gioco terapeutico”, attribuiscono più volentieri un volto da loro immaginato. Una prima versione con un volto di bambino è stata quindi corretta per scegliere la neutralità.

Realizzato in Giappone, “Hero-chan” costa 5,5 mila yen (circa 50 euro) e, secondo gli sviluppatori, è destinato principalmente agli anziani per i suoi effetti curativi. Ha la voce registrata di un bambino umano reale con molteplici stati emotivi per rafforzare la sensazione di presenza e facilitare le interazioni emotive. Hiro vocalizza simultaneamente degli stati emotivi, che rispondono alle azioni degli anziani: piange quando viene lasciato solo e si calma quando viene preso in braccio. Inoltre, se viene abbracciato, inizia a ridere.

Il progetto di ricerca è iniziato a dicembre 2022 ad oggi, con oltre 500 somministrazioni. Nei prossimi mesi si uscirà dalla fase sperimentale per arrivare a quella definitiva. All’interno della Residenza del sole gli anziani hanno avuto i seguenti effetti positivi: hanno aumentato l’interazione sociale (perché il gioco avvicina e rende complici); recuperato parti della memoria; ridotto lo stress e riattivato il movimento. Inoltre, salvo casi rari, è stato accettato da tutti i malati. Il progetto mira a: incoraggiare l’uso di soluzioni robotiche nelle case di cura e in contesti in cui sono presenti vulnerabilità; migliorare le interazioni tra infermieri e pazienti; migliorare il benessere (psicologico, fisico, sociale) degli attori coinvolti. In questo progetto il team italiano sta collaborando con un altro gruppo di ricerca di Maastricht. «In Italia siamo ancora indietro nell’uso della robotica, soprattutto per questo tipo di finalità. La nostra sperimentazione dà una spinta a questo settore, presto passeremo alla fase di presentazione uscendo dal laboratorio di ricerca», dice Cristina Mele, professoressa di economia all’Università di Napoli e alla guida del gruppo di ricerca dedicato all’innovazione nei servizi.

Questo progetto pilota sta per entrare ora nel mercato sanitario vero e proprio. Dopo Natale il robot Hero verrà presentato e probabilmente introdotto in altre Rsa.

Fonte: Il Sole 24 Ore