Ichiko Aoba e le sue creature luminescenti

Ichiko Aoba e le sue creature luminescenti

L’artista giapponese pubblica Luminescent Creatures, un viaggio sonoro che sale dagli abissi oceanici per arrivare dritto al cuore dell’essere umano.

Sua madre lavorava alla Disney, la sua mentore Anmi Yamada l’ha spinta a scrivere canzoni. I primi passi di Ichiko Aoba l’hanno portata nel mondo delle colonne sonore dei cartoni animati, l’amore per la musica alla chitarra classica a otto corde, Django Reinhardt e Taeko Ohnuki. Con questo bagaglio, a diciassette anni la cantautrice, polistrumentista e compositrice originaria di Urayasu ha cominciato la sua carriera, che in tre lustri è stata costellata da una pioggia di album, collaborazioni (Ryuichi Sakamoto, Haruomi Hosono, Mac DeMarco), composizioni. Tra una goccia e l’altra, Aoba ha girato il mondo con la sua voce e la chitarra classica, gli elementi centrali dei suoi dischi, dove non mancano orchestrazioni, elettronica, jazz, folk. Ha fondato la sua etichetta discografica e si è alternata nelle vesti di conduttrice radiofonica, narratrice e performer.

Mondi lontanissimi

Nel dicembre 2020 l’artista ha pubblicato il suo settimo album in studio, Windswept Adan, un disco minimale, acquatico, concepito come la colonna sonora chamber pop di una storia ambientata ad Adan, un arcipelago immaginario abitato da una tribù che non ha una lingua. Aoba musica il viaggio di una giovane ragazza che si ritrova immersa nella flora e della fauna di un’isola, cercando di tradurre in suono i fenomeni atmosferici, l’interazione tra questi e gli esseri umani. Aoba si è chiesta quale sarebbe stato il dopo della storia, cosa sarebbe rimasto in seguito alla scomparsa di quei personaggi? Da qui è iniziato un lungo lavoro di “ricerca ambientale”, incentrato nell’arcipelago giapponese delle Ryūkyū e arricchito dalla lunghe chiacchierate con la gente del posto. Nel corso di anni, Aoba ha capito quanto subisse la fascinazione dell’oceano, la sua doppia natura: dolce, come la bellezza estatica dei suoi fondali, e pericolosa, per la sua vastità, che potrebbe inghiottire per sempre un corpo umano. Inoltre, il mare, con i suoi fossili, è memoria; un luogo che custodisce l’origine della vita. Allo stesso tempo, è presente e futuro, perché rappresenta lo specchio del cambiamento climatico, come dimostrano i mutamenti delle barriere coralline.

Luce, profondità, oceano, mare

La voce sussurrata di Coloratura introduce all’ascolto di un album onirico, in cui ci si immerge lentamente, ascoltando i suoni che fa l’oceano (Mazamun): quelli circolari e malinconici di Tower, quelli inquieti di Aurora. Tra intermezzi iridescenti, come 24° 03’ 27.0” N 123° 47’ 07.5” E e Cochlea, brani sontuosi (Luciférine), immaginifici (Pirsomnia) e sconsolati (Wakusei no Namida, che si può tradurre come “Lacrime del pianeta”), Ichiko Aoba fa risplendere le sue canzoni come creature luminescenti. Mette in fila undici brani che, come una collana di perle, disegnano un percorso di riconciliazione con la natura. Tra loro, anche Sonar, in cui il suono propagato arriva oltre l’oscurità, dove incontra “un barlume di qualcuno”, ma anche un accenno “di una prima canzone”. L’arte di Aoba brilla proprio in questa tensione tra umanità e riscoperta.

Fonte: Il Sole 24 Ore