Idroelettrico, le regioni ci riprovano. In autunno avanti con le gare

La norma del Pnrr prevede che le procedure competitive per mettere a gara le concessioni scadute dovessero essere realizzate entro la fine del 2023. In particolare per gli impianti di generazione idroelettrica di grandi dimensioni, con capacità superiore a 3 me gawatt. Gli enti locali, a cui fanno capo gli asset dati in concessione, hanno cominciato a muoversi da metà 2023; da mesi però è tutto in standby. Da quando, sia al Nord che al Centro Italia, erano state approvati delibere o bandi per avviare le gare o, come nel caso del Piemonte, era stato presentato un piano di project finance, da parte di Iren, per rinnovare concessioni andate a scadenza ormai da qualche anno. Dopo l’avvio di questi procedure, però, impugnative e ricorsi da parte di imprese del settore, imprese uscenti o imprese concorrenti, avevano bloccato tutto quanto.

Qualche meccanismo, però, si sta rimettendo in moto. Nei giorni scorsi il Tribunale superiore delle Acque pubbliche ha rigettato il ricorso contro il progetto di Iren avanzato dalla società bolzanina Eisacwerck. Quest’ultima sosteneva che la società uscente si sarebbe trovata in situazione di vantaggio perché aveva tutti i dati a disposizione a differenza delle società concorrenti, oltre a beneficiare di una prelazione sul progetto da assegnare. La regione Piemonte ora intende avanti: in ballo c’è la riassegnazione della gestione di 7 bacini e 5 centrali idroelettriche sull’asse dell’Orco (Serrù-Ceresole) e sul Po a San Mauro, il tutto per 320 milioni di nuovi investimenti. La sentenza del tribunale delle Acque, che respinto il ricorso della società bolzanina, era di primo grado. Dunque Eisacwerck potrebbe sempre andare in secondo grado di giudizio e, in teoria, ottenere il ribaltamento del verdetto. Anche le delibere che la regione Lombardia aveva approvato a inizio anno per poter indire le gare sono state impugnate. Ciò nonostante, l’ente locale lombardo intende proseguire: alcune gare sono state indette a fine maggio, ma altre ne seguiranno. In tutto in Lombardia ci sono 42 concessioni di grande derivazione, di cui 20 già scadute e altre che scadono entro il 2029. Tutto questo perando che il percorso non resti impantanato nei contenziosi. Anche l’Abruzzo, che aveva messo a gara alcune concessioni gestite dall’Acea, è stato costretto a ritirare il bando dopo i ricorsi della società uscente, di Enel e di A2A. Il quadro è molto frastagliato: gli impianti idroelettrici in Italia sono oltre 4.600, ma le concessioni di grande derivazione, con capacità istallata superiore a 3 megawatt, sono alcune centinaia. Queste ultime sono le concessioni che devono essere rimesse a gara. Il quadro di forte incertezza normativa ha tenuto in sospeso per anni gli investimenti nel settore, necessari a potenziare gli impianti ma anche a creare nuovi bacini di raccolta delle acque, interventi indispensabili anche per non disperdere la risorsa idrica sempre più necessaria, considerato l’aumento delle temperatura e la diffusione della siccità. Il settore auspica che il governo apra al più presto il confronto con Bruxelles per modificare quella norma sulla concorrenza e introdurre anche la possibilità di riassegnare le concessioni, operazione che metterebbe fine ai contenziosi e potrebbe sbloccare più di 10 miliardi nell’arco di 10-15 anni.

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L’idroelettrico, d’altro canto, ha avuto un contributo decisivo a quella crescita oltre il 50% della generazione elettrica in Italia attraverso fonti rinnovabili nei primi 6 mesi dell’anno, grazie anche alle precipitazioni intese (almeno al Nord Italia) a inizio anno. La situazione di relativa tranquillità che il paese sta vivendo in termini di approvvigionamento di energia elettrica a costi non elevati (per quanto il prezzo in Italia sia ben più alto rispetto alla media europea) potrebbe non durare. E dall’autunno potrebbe iniziare una fase di instabilità.

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Fonte: Il Sole 24 Ore