“Il cassetto segreto”, un intimo viaggio nella memoria paterna

“Il cassetto segreto”, un intimo viaggio nella memoria paterna

Il cinema italiano è presente anche nella sezione Forum della Berlinale con “Il cassetto segreto” di Costanza Quatriglio. Oltre ai due titoli di casa nostra proposti in concorso – “Another End” di Piero Messina e “Gloria!” di Margherita Vicario – al riuscito “Quell’estate con Irène” di Carlo Sironi, inserito in Generation 14plus, e persino a due serie come “Dostoevskij” dei fratelli D’Innocenzo e “Supersex”, ispirata alla vita di Rocco Siffredi, la compagine italiana è in cartellone anche nella sezione più fuori dagli schemi del festival tedesco.

Regista nota per documentari di pregevole fattura, come “Terramatta” (2012) e “Triangle” (2014), Costanza Quatriglio è figlia di un padre famoso, di nome Giuseppe, un giornalista e autore siciliano che ha girato il mondo grazie al suo lavoro. Nato nel 1922 e scomparso nel 2017, Giuseppe Quatriglio ha riempito la sua casa di libri, memorie e testi di vario genere ed è in questo ambiente che la figlia è cresciuta. Dopo la morte del padre, la regista si troverà a catalogare questo straordinario archivio, che mescola articoli e fotografie, filmini e registrazioni, realizzati da un uomo che è venuto a contatto durante la sua esistenza con numerose celebrità e che ha testimoniato eventi epocali che hanno segnato la storia.

Giuseppe Quatriglio, infatti, conservava tutto ciò che riguardava la sua vita personale e professionale, tanto che in quei documenti si può ritrovare una vita intera.

Scoperchiando questo “cassetto segreto”, Costanza Quatriglio dà vita a una pellicola intima e personalissima, in cui finirà per capire molte cose che aveva in comune con suo padre e di cui non conosceva del tutto l’esistenza.

Il cinema come forma per ricordare

Questo documentario si trasforma così in un lungometraggio che rappresenta anche una sorta di autoanalisi da parte della regista, per cercare di superare il lutto paterno e un’assenza che tutti quei materiali non possono certo riempire.Il cinema diventa così un’arma per ricordare, con una modalità simile a quella realizzata da Alina Marazzi nel memorabile “Un’ora sola ti vorrei” (2002), dove attraverso i filmini di famiglia ricostruiva la figura di una madre che, sostanzialmente, non aveva mai conosciuto.Alcune modalità della struttura de “Il cassetto segreto” sanno un po’ di già visto (viene in mente anche il bel lavoro dell’argentino Mariano Llinás, “Clorindo Testa”, dedicato alla figura paterna e realizzato un paio d’anni fa), ma l’operazione è comunque toccante e ricca di forte sensibilità.

Fonte: Il Sole 24 Ore