Il Consiglio di Stato boccia il correttivo

Il Consiglio di Stato boccia il correttivo

Molte osservazioni sul testo, analizzato minuziosamente in un lunghissimo documento da 146 pagine. Ma, soprattutto, una sonora bocciatura sull’iter, che non rispetterebbe i principi indicati dalla legge delega. Sono gli elementi chiave del parere 01463/2024, pubblicato ieri dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato sul decreto correttivo al Codice appalti.

L’affondo più duro è contenuto nelle prime pagine e riguarda il percorso che sta portando ad approvare il correttivo. Palazzo Spada ricorda la legge delega in base alla quale «entro due anni dalla data di entrata in vigore» del decreto legislativo che contiene il Codice, «il Governo può apportarvi le correzioni e integrazioni che l’applicazione pratica renda necessarie od opportune, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi». L’espressione «con la stessa procedura» è quella più problematica.

Le criticità

Lo stesso parere, infatti, ricorda che nell’approvazione del Codice il Governo aveva «inteso avvalersi della facoltà» di affidare al Consiglio di Stato, in sede consultiva, «l’elaborazione dello schema normativo». Questo percorso non è stato seguito per il correttivo; la procedura, insomma, stavolta non sarebbe la stessa. Una scelta che, allora, «non si sottrae a qualche profilo di criticità logico-giuridica», dicono da Palazzo Spada. I giudici aggiungono: «La scansione formale dell’intervento correttivo e integrativo avrebbe verosimilmente dovuto mimare, di fatto, la stessa seguita nella predisposizione del Codice, anche con riguardo al ruolo del Consiglio di Stato».

Così, il parere segnala il rischio, «potenzialmente rilevante ai fini di un eventuale sindacato di legittimità formale, in ordine al rispetto della legge di delegazione, e relativo alla circostanza che la redazione del Codice, e la sua integrazione e correzione, siano state, in concreto, operate, in parte, seguendo procedure sostanzialmente diverse». Da questa discrasia potrebbero, addirittura, derivare rischi di impugnativa.

Non solo. Anche le modalità di concerto dei vari ministeri coinvolti sono oggetto di critica da parte del Consiglio di Stato. «Tutti i concerti resi – dice il parere – risultano espressi in forma secca e inarticolata, a guisa di mero e anodino nulla osta alla iniziativa normativa». Inadeguata, secondo i giudici di Palazzo Spada, anche la relazione d’impatto che «si risolve di fatto in un’articolata e perifrastica enunciazione in termini formali e giuridici dell’oggetto e delle modalità di intervento, correttivo e integrativo, sulle disposizioni del Codice» anche dove sarebbe stato «necessario e chiarificatore», dicono i giudici, «esplicitare e, soprattutto, confermare oggettivamente, la enunciata ratio sostanziale delle modifiche e l’impatto economico e socioeconomico che effettivamente le giustifichi».

Fonte: Il Sole 24 Ore