Il Consiglio di Stato: manca l’analisi d’impatto sui musei nella riforma del MiC
Il 9 febbraio scorso il Consiglio di Stato ha emanato il parere numero 00132-2024 riguardo lo schema di regolamento del nuovo assetto organizzativo del Ministero della Cultura, in attuazione dell’articolo 10 del decreto legge 10 agosto 2023, n. 105, convertito, con modifiche, dalla legge 9 ottobre 2023, n. 45. Il decreto in questione ha rimodulato le competenze del MiC e modificato la sua precedente struttura organizzativa suddivisa in 26 direzioni generali, tra centrali, periferiche e uffici dotati di autonomia speciale, con a capo il Segretario Generale, il braccio operativo e il gestore dei fondi pubblici nazionali ed europei.
La riforma MiC
La nuova disposizione prevede un’articolazione in quattro dipartimenti e 32 direzioni generali complessive, i primi suddivisi in: Dipartimento per l’amministrazione generale (DiAG) con funzioni trasversali, Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale (DiT), Dipartimento per la valorizzazione del patrimonio culturale (DiVa) e il Dipartimento per le attività culturali (DiAC), gli ultimi tre maggiormente con funzioni specifiche. Nella riforma, quindi, scompare il Segretariato Generale e si ripercorre l’organizzazione voluta dal Ministro Rocco Buttiglione, in carica nel dicastero per quasi un anno dall’aprile 2005 al maggio 2006, rivelatasi un flop per la troppa burocratizzazione delle procedure, per poi ritornare a una struttura divisa per direzioni generali.
Il parere del CdS
Le rilevazioni fatte dall’organo ausiliario previsto dalla nostra Costituzione non sono così gravi e non pregiudicano l’impianto della riforma, tuttavia nel parere non mancano alcune stilettate dirette al MiC e al suo ufficio legislativo. Nella lunga relazione di 33 pagine si legge come il Consiglio di Stato stigmatizzi le carenze delle relazioni accompagnatorie alla riforma, le quali invece di chiarire e illustrare gli aspetti tecnico-giuridici nei suoi tratti essenziali e qualificanti, nonché le innovazioni rispetto alla precedente organizzazione, insieme alle scelte di conservazione della disciplina precedente, risultano formulate in maniera scarna e sintetica. Difatti, tali relazioni si limitano sostanzialmente a parafrasare, articolo per articolo, lo schema normativo elaborato, senza neanche mettere in rilievo i collegamenti tra gli stessi articoli e senza trattare, in modo sistematico, la nuova allocazione delle strutture amministrative. Le considerazioni si soffermano sulle scelte effettuate rispetto agli istituti e luoghi di cultura con autonomia speciale, i grandi musei per capirsi, in riferimento ai quali le relazioni sono del tutto lacunose.
Manca l’analisi d’impatto della riforma
Inoltre, il MiC non ha effettuato la cosiddetta analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR) necessaria secondo il Consiglio di Stato a evidenziare gli impatti delle scelte di incremento degli istituti ad autonomia speciale e delle nuove disposizioni organizzative, in ragione dell’impatto sui cittadini, sulle imprese e sulla gestione di beni e servizi pubblici. Nella relazione si legge che il MiC nell’argomentare le sue scelte faccia leva solo sull’andamento positivo degli introiti degli istituti ad autonomia speciale, registrato dal 2016 al 2023, con una valutazione quantitativa unitaria, mentre il Consiglio di Stato avrebbe voluto una ricognizione puntuale quantitativa e qualitativa dei singoli istituti, i quali sarebbero dovuti essere valutati nel proprio contesto (locale, territoriale, nazionale e internazionale) e in collegamento con le corrispondenti direzioni regionali. Il Consiglio di Stato prosegue con le valutazioni che si sarebbero dovute fare sulle potenzialità degli istituti e delle direzioni regionali sulla base di parametri quantitativi e qualitativi, anche prospettici, considerando le programmazioni, e non solo dagli introiti complessivi quantificati nel periodo di otto anni. Tale arco temporale non sembra, infatti, adeguatamente significativo in proiezione prospettica per poter affermare con certezza un andamento positivo degli introiti derivanti dai biglietti di ingresso, in quanto il breve periodo considerato risente dell’impennata delle attività culturali e ricreative delle riaperture post pandemia. Inoltre, l’analisi di impatto avrebbe consentito di riflettere su una più efficace modulazione del meccanismo di riequilibrio finanziario degli enti dotati di autonomia speciale, ripensando un meccanismo di distribuzione delle risorse, nella sua globalità, non (esclusivamente) sulla base di una percentuale annuale fissa degli introiti del sistema museale.
Perequazione orizzontale proporzionale
Risulta essere interessante la proposta del Consiglio di Stato riguardo a un sistema perequativo orizzontale, attraverso il versamento di contribuzioni, da parte degli istituti ad autonomia speciale, non in misura fissa, ma in misura proporzionale alle maggiori entrate, che operi direttamente in favore di altri enti autonomi con minore capacità finanziaria, ma con maggiori potenzialità di sviluppo e crescita. Nel parere si richiede al MiC di verificare se la mancata previsione dell’assegnazione di risorse umane e strumentali alla Soprintendenza speciale Archeologia, belle arti e paesaggio di Roma sia un refuso o una reale intenzione. In generale, ciò che si nota leggendo il parere del Consiglio di Stato è la carente visione sistemica e prospettica sul settore museale da parte del Ministero che, invece, il Consiglio ritiene necessaria. La riforma del MiC entrerà in vigore entro il prossimo 31 marzo, a quella data si saprà se nella nuova forma organizzativa avranno avuto un peso le considerazioni sistemiche fatte dal Consiglio di Stato. L’organo amministrativo rileva quindi la persistente assenza metodologica nella nuova riforma di analisi d’impatto (AIR) sui territori e sulle singole istituzioni museali – analisi ormai obbligatoria per il settore privato – frutto probabilmente dell’assenza di specifiche competenze di economisti del patrimonio culturale all’interno del MiC.
Fonte: Il Sole 24 Ore