Il Messico vota la sua prima “presidenta”.Sheinbaum e Galvez le due candidate
Gli Apache chiamavano i messicani “nakaiye”, “quelli che vanno e vengono”. Gli ultimi indiani d’America, che ancora oggi vivono in riserve in Arizona e Nuovo Messico, sono pronipoti di guerrieri abilissimi e impavidi, e possedevano anche ottime capacità analitiche, almeno in campo sociologico. I messicani vanno e vengono e il tema migratorio, 300 anni dopo, rimane dominante nelle elezioni presidenziali che si svolgono oggi in Messico. Dove, comunque vada, sarà una donna a occupare lo scranno di “presidente” e guidare la seconda economia latinoamericana (la prima è il Brasile): le due candidate in corsa sono Claudia Sheinbaum, ex sindaca della Capitale, progressista del Partito Morena, e Xochitl Galvez, candidata di un raggruppamento di centrodestra. Entrambe di 61 anni, entrambe ingegnere. I sondaggi non assegnano invece alcuna probabilità di vittoria a Jorge Alvarez Maynez, che guida il Movimiento Ciudadano, una lista più centrista.
Due 61enni, entrambe ingegnere
Sheinbaum è accreditata come la probabile vincitrice, anche per essere la “delfina” del presidente in carica Andres Manuel Lopez Obrador (Amlo). L’economia messicana registra una crescita discreta, senz’altro superiore a quella di altri Paesi latinoamericani. Il pil del 2023 è cresciuto del 3,1% e quest’anno, pur in flessione, dovrebbe avvicinarsi al 2,4 per cento. Il Messico di Amlo ha beneficiato del nearshoring americano, ovvero la ri-localizzazione vicina agli interessi commerciali di Washington. L’Amministrazione Biden ha rimodulato la propria politica commerciale favorendo i Paesi del continente americano, a svantaggio della Cina. Per questo il Messico è diventato, nel 2023, il primo partner degli Stati Uniti, scavalcando la Cina. Non solo, con un tasso di disoccupazione molto contenuto (2,6%) e un incremento dei salari reali del 100% (dal 2018 a oggi) e con 36miliardi di dollari di investimenti diretti dall’estero, Amlo incassa risultati che piacciono all’establishment dell’intero continente.
La ferrovia inter-oceanica
Un altro punto a favore del presidente uscente Amlo è il Corredor Transistimico, un gigantesco progetto infrastrutturale che dovrà collegare i due oceani, Atlantico e Pacifico. Una ferrovia che potrebbe diventare concorrenziale, secondo i finanziatori del progetto al Canale di Panama che Amlo definisce «saturo», comunque in difficoltà per la scarsità di acqua necessaria al suo pieno impiego. Un primo tratto è già stato inaugurato lo scorso dicembre e Amlo lo ha magnificato così : «Progetto sognato da secoli da presidenti, re, politici e governatori». Lungo il tragitto della ferrovia verranno costruiti 12 poli industriali, strategici per l’economia del Messico. Eppure l’emergenza messicana è la violenza che attanaglia il Paese e ha provocato 180mila morti in 6 anni, un drammatico record che genera, per un presidente di sinistra la più dolorosa delle conseguenze: alcuni giuristi messicani configurano il problema come un “pilastro che vacilla” e che mette in dubbio l’esistenza stessa di uno “stato di diritto”.
L’emergenza “sicurezza”
La crisi di sicurezza e il potere sempre più pervasivo dei Narcos sono un punto chiave. In piena campagna elettorale, solo 5 giorni fa si è registrato un altro omicidio: Alfredo Cabrera, candidato della coalizione Pri-Pan-Prd a sindaco di Coyuca de Benítez, nello Stato messicano di Guerrero, è stato assassinato a colpi di arma da fuoco al termine dell’evento di chiusura della sua campagna elettorale. Le analisi pubblicate dalla Unam, la prestigiosa Università di Città del Messico, non negano l’impegno di Amlo che ha applicato un progetto di riduzione della violenza, cercando di risanare e ricostruire il tessuto sociale delle aree più degradate del Paese. Lo ha fatto con programmi sociali e supporto ai vulnerabili, ma non ha dichiarato guerra ai cartelli messicani. Per questo le sue politiche sono state giudicate insufficienti.
Il nodo migratorio
Il tema migratorio rimane insoluto, per complessità e coinvolgimento di altri Paesi limitrofi. Di certo, i 7mila disperati che ogni giorno varcano il confine del Messico verso gli Stati Uniti replicano le odissee dei loro genitori e nonni. Mentre l’eredità zapatista non ha lasciato segni tangibili. Nata 30 anni fa, nel 1994, con l’ambizione di condizionare la politica messicana si è dissolta. Il sub comandante Marcos, uscito di scena e poi rientrato, lo scorso autunno con il grado di Capitàn, non lambisce i cuori dei messicani. Pensare che alcuni turisti nel gennaio 1994, in transito nel Chapas, dovettero cambiare percorso. Questa la motivazione dell’Esercito zapatista: «La strada per Palenque è chiusa e abbiamo preso Ocosingo. Scusateci tanto ma questa è una rivoluzione».
Fonte: Il Sole 24 Ore