Il mutamento climatico pesa sulla scelta delle specie
Temperature elevate e periodi di siccità sempre più lunghi mettono a rischio la sopravvivenza delle nuove piantumazioni. La mortalità delle piantine messe a dimora nei luoghi di destinazione sta infatti crescendo, così come la necessità di cura.
Dopo la coltivazione in vivaio caratterizzata da irrigazioni frequenti, concimazioni e trattamenti antiparassitari, alberi e arbusti vengono trasferiti nelle zone di rimboschimento. Un passaggio (il cosiddetto transplanting) reso ancor più complesso dal cambiamento climatico che ha elevato al 10% la percentuale di piante che non attecchiscono (nelle aree urbane o in quelle meno presidiate può anche essere superiore).
Fino a pochi anni fa, per adattarsi al luogo di messa a dimora, la pianta impiegava da uno a tre anni, ma le alte temperature e la diversa distribuzione delle piogge lo ha allungato. Alcune specie se la cavano però meglio di altre e fra queste ci sono quelle esotiche, che presentano una maggiore probabilità di attecchimento e resistenza rispetto a quelle autoctone.
Le specie aliene, possono però diventare invasive, soppiantare le specie autoctone e impoverire la biodiversità.
La scelta è delicata e bisogna tener conto dei contesti in cui vengono effettuate le piantumazioni: c’è infatti molta differenza fra la creazione di un bosco urbano nella periferia di una città e la riforestazione di aree montane devastate da incendi o da eventi estremi come la tempesta Vaia che colpì un’ampia area delle Dolomiti e delle Prealpi Venete nell’autunno 2018.
Fonte: Il Sole 24 Ore