Il Napoli batte il Monza e vola solo al comando. Dietro le altre big

Prima di passare appunto a Lor Signore, due parole per il Torino. La prima sconfitta gli costa la testa della classifica. C’è un po’ di amarezza perchè a vivere alla grande ci si abitua in fretta e poi ridiscendere costa fatica. Perdere 3-2 con una Lazio così effervescente non è un disonore, certo. Preoccupa invece la fragilità difensiva dei granata che regala ai biancocelesti, dopo due cadute esterne, la prima vittoria lontano da Roma. È un Toro grintoso ma con poca qualità e troppa ansia. Già eliminato dalla Coppa Italia dall’Empoli, ora la squadra di Vanoli deve uscire dall’angolo prima che la situazione precipiti. Sabato prossimo se la vedrà a San Siro con l’Inter. Insomma, dopo aver forse troppo sognato, ora è meglio che il Torino si svegli. E in fretta, per evitare altre rovinose cadute.

Vlahovic risveglia la Juve

Le grandi aspiranti al titolo, si diceva, sono tornate tutte a vincere. A partire dalla Juventus che fa bottino pieno (3-0) a Marassi dopo tre grigi zero a zero che avevano inquietato gli esigenti supporter bianconeri. Diciamo una cosa: vincere fa bene, soprattutto se al successo ha finalmente contribuito, con una doppietta, Dusan Vlahovic, il cannoniere serbo da un po’ di tempo nel pensatoio. Però, prima dei suoi gol, la Juve col Genoa è stata ancora di una noia mortale. Forse anche a causa del silenzio del Marassi, chiuso ai tifosi per la stupidità dei violenti, non si è visto un guizzo, uno spunto degno di nota. Dopo, sbloccato Vlahovic, la partita ha preso un’altra piega grazie anche ai tanti cambi effettuati da Motta.

Ma la domanda è appunto questa: qual è la vera squadra di Thiago? Abbiamo visto tantissimi inserimenti, non sarebbe ora di arrivare a un’ossatura più stabile? I talenti ci sono, ma bisogna arrivare al dunque. Non tutti sono come Conte, che in quaranta giorni ha ridato l’anima al Napoli, però Motta si deve dare una mossa. Le rivoluzioni, per aver successo, bisogna farle velocemente. E consolarsi con l’imbattibilità della difesa, sarà anche confortante, ma non crediamo che sia questo l’obiettivo di un allenatore così ambizioso.

Milan e Inter, tante luci e qualche ombra.

Bene anche Milan e Inter. I rossoneri, sulla scia del derby, si mangiano il Lecce nel giro di 5 minuti. Un tre a zero chiude naturalmente la bocca a qualsiasi critica. Colpisce una cosa: che dieci giorni fa Fonseca aveva già quattro sostituti pronti per la sua panchina. Adesso invece è sull’onda, quasi avesse riportato il Milan ai suoi antichi fasti. Giravolte mediatiche che fanno parte del gioco. Confermarsi dopo lo show del derby era importante, ma alcuni scricchiolii qua e là s’avvertono ancora. Meglio aspettare prima di emettere qualsiasi giudizio. Confortante è il morale di gruppo ritrovato e gli ottimi inserimenti di Abraham e Morata. Soprattutto quest’ultimo è un valore aggiunto da preservare. Segna e fa il lavoro sporco aiutando i centrocampisti. Chissà che, guardandolo, anche a Leao venga la voglia. Magari già domani con il Leverkusen, avversario un filo più impegnativo del Lecce.

La difesa nerazzurra scricchiola…

E l’Inter? Beh, la reazione al derby è arrivata. Decisamente. E il 3 a 2 in casa dell’Udinese lo certifica. Anche per l’Inter, come per la Juve, conta tantissimo che il suo centravanti sia tornato al gol. La doppietta di Lautaro ha un’enorme importanza per la squadra di Inzaghi. Si può dire tutto quello che si vuole, ma un cannoniere prolifico sposta gli equilibri in maniera netta. Con Lautaro che segna l’Inter è una cosa, senza è un’altra. Poi certo c’è Frattesi che ci mette lo zampino, ma la continuità di rendimento dell’argentino l’anno scorso è stata una delle chiavi vincenti dello scudetto nerazzurro. A fare però i pignoli, all’Inter manca ancora qualcosa. E non solo la solidità in difesa, che pure è evidente. Manca quella cattiveria agonistica che è tipica di chi punta in alto. È come se mentalmente qualcosa si fosse inceppato. Vero che non si può sempre essere al top, ma i mal sottili è meglio prevenirli prima che s’ingrossino. Inzaghi lo sa, e infatti non ha una faccia molto allegra.

Fonte: Il Sole 24 Ore