“Il più bel secolo della mia vita”, un film che fa sorridere
Una coppia che funziona meglio di quanto ci si potesse aspettare: stiamo parlando di Sergio Castellitto e Valerio Lundini, entrambi bravi e dotati di una buona chimica ne “Il più bel secolo della mia vita”, opera di Alessandro Barbani che esordisce nel lungometraggio dopo il buon corto del 2012 “Ce l’hai un minuto?”.
Alla base del film c’è l’omonima pièce teatrale diretta dallo stesso Bardani, che trova in Lundini il volto adatto per il complesso personaggio di Giovanni. Quest’ultimo è un ragazzo che, a causa di una legge, non può conoscere l’identità dei suoi genitori biologici, gli stessi che non l’hanno riconosciuto alla nascita, prima del suo centesimo compleanno. Il giovane vorrebbe veder esaudito il suo unico desiderio e scoprire di chi è figlio prima di diventare vecchio, ma la burocrazia glielo impedisce.
Per smuovere l’opinione pubblica e far sì che si interessi al suo caso, Giovanni ha un’unica speranza: conquistare la complicità di Gustavo, unico centenario, come lui non riconosciuto alla nascita, ancora in vita. Peccato che quest’ultimo, nonostante sia il solo in grado di poter aggirare la legge e aver diritto all’applicazione della normativa, non sia affatto interessato alla questione. Da quest’incontro tra un uomo centenario proiettato verso il suo futuro e un giovane legato al suo passato nasce un’imprevedibile amicizia.È un film capace di incuriosire “Il più bel secolo della mia vita”, già per l’idea di partenza che fa riferimento a una questione legale decisamente interessante da trattare.Mescolando momenti seri ad altri più leggeri e spensierati, il film fa sorridere ma non riesce sempre a incidere come vorrebbe, tanto che avrebbe potuto risultare senza dubbio più coraggioso viste le valide basi su cui si poggia la sceneggiatura.
Un road movie che funziona a metà
Nonostante alcuni passaggi prevedibili e l’assenza di grandi guizzi artistici, “Il più bel secolo della mia vita” è un film che riesce comunque a coinvolgere, regalando alcune sequenze emotivamente appassionanti.Ben presto la pellicola si trasforma in un road movie in cui il giovane protagonista deve accompagnare l’uomo anziano all’incontro con un’autorità: entrambi sono nati sotto lo stesso segno del destino, ma per il resto sono due figure distantissime e il loro viaggio dà adito anche a diversi spunti divertenti.Lo si può definire un feel-good movie che funziona a metà, adatto per una visione godibile e senza troppe pretese.
Uomini da marciapiede
C’è poco da salvare, invece, in un altro titolo italiano in uscita: “Uomini da marciapiede”.Diretto da Francesco Albanese, il film racconta come in giugno tutti i tifosi sfegatati e appassionati siano pronti a prepararsi per assistere ai trenta giorni di partite degli Europei 2021. Nel frattempo alcuni uomini senza un soldo decidono di approfittare della situazione e offrirsi come “intrattenitori” per mogli e fidanzate annoiate, rimaste da sole e in cerca di qualche avventura. Peccato che questo piano, apparentemente di facile realizzazione, diventi una vicenda paradossale e inizi a presentare una serie di imprevisti divertenti. È così che gli “uomini da marciapiede” si ritroveranno non solo la polizia alle calcagna, ma anche la mala dell’intera città.Pellicola molto debole tanto nella scrittura quanto nella resa, “Uomini da marciapiede” dà vita a un intrattenimento grossolano, in cui molte gag sanno di già visto e le svolte narrative risultano spesso telefonate. Semplicemente un film evitabile, di cui non si sentiva alcun bisogno.
Fonte: Il Sole 24 Ore