
Il Premio Strega Poesia ha la sua dozzina
“In palio, come sempre, c’è il governo della lingua”, ha concluso divertito Andrea Cortellessa alla proclamazione della dozzina del Premio Strega Poesia, ossia la promessa di restare ai posteri grazie a un pugno di versi, a imperitura memoria. A confermare la fiducia riposta dall’accademico in un canone sempre più incerto, sono state le centosettanta opere presentate alla prima selezione del concorso giallo paglierino, giunto alla sua terza edizione. In occasione della Giornata Mondiale della Poesia, il comitato scientifico ne ha graziate dodici: Prisca Agustoni con “L’animale estremo” (Interno Poesia); Elisa Biagini con “L’intravisto” (Einaudi); Marco Corsi con “Nel dopo” (Guanda); Maurizio Cucchi con “La scatola onirica” (Mondadori); Claudio Damiani con “Rinascita” (Fazi); Roberto Deidier con “Quest’anno il lupo fissa negli occhi l’uomo” (Molesini); Alfonso Guida con “Diario di un autodidatta” (Guanda); Antonio Francesco Perozzi con “on land” (Prufrock); Giancarlo Pontiggia con “La materia del contendere” (Garzanti); Jonida Prifti con “Sorelle di confine” (Marco Saya); Marilena Renda con “Cinema Persefone” (Arcipelago Itaca); Tiziano Rossi con “Il brusìo” (Einaudi).
La loro prima uscita pubblica sarà martedì 8 aprile, nella Capitale, alla XVIII edizione di Ritratti di Poesia, dove i contendenti leggeranno sotto i riflettori azzurrini dell’Auditorium Conciliazione, introdotti da Stefano Petrocchi e Vincenzo Mascolo, direttore artistico della rassegna internazionale che accoglierà oltre quaranta intellettuali in una sola giornata.
La solita querelle
Se Ida Travi – parole sue – ha preferito appoggiare la decisione del suo editore, il Saggiatore, e per disapprovazione ha lasciato fuori i suoi empatici Tolki dall’alcolica contesa, Giorgiomaria Cornelio ha visto recapitare al suo, Tlon, la richiesta (dal comitato stesso) di presentare il suo ultimo saggio, “Fossili di rivolta. Immaginazione e rinascita” sebbene il regolamento ammettesse soltanto poesie. Che si tratti o meno di una svista, si spera lo tengano in caldo per la sezione saggistica appena inaugurata. Nella “faglia generazionale” messa a fuoco da Cortellessa, per non definirla esplicitamente frattura, non a caso mancano all’appello autori nati a ridosso degli anni Settanta che per quanto si siano distinti sul panorama editoriale, sono rimasti fuori dai giochi, come Andrea Longega con “Istà” e Italo Testa con “Se non sarò più mia”, entrambi editi da Samuele, che hanno fatto della lingua un rovello quotidiano, un setaccio stilistico contro qualsiasi manierismo. E senza tralasciare per il terzo anno consecutivo l’assenza di Interlinea nelle fasi finali del premio: “Trasparenza. Poesia e musica” di Maria Borio, raccolta manifesto della distanza virtuale imposta alle esperienze individuali e della conseguente spersonalizzazione del linguaggio, non è passata. A detta di Cortellessa è indiscutibile che sulle nuove voci troneggi “una pattuglia di maestri riconosciuti”, così Cucchi e Pontiggia, ma che dire di quelli finiti sugli spalti? Si pensi ai romano-centrici Ennio Cavalli con “Il silenzio è migliore di me” (La nave di Teseo), Giorgio Manacorda con “La grande orchestra” (Elliot) ed Elio Pecora con “Specchi nel labirinto” (Vallecchi).
Dulcis in fundo, sui social sono sbocciati gli ennesimi commenti svilenti che hanno paragonato la lettura augurale di Vivian Lamarque a una filastrocca per bambini, quando l’approccio pedagogico e lungimirante di volumi quale “Canti dell’inizio. Canti della fine” (Topipittori) di Bruno Tognolini e Silvia Vecchini, per citarne uno su tutti, meriterebbe talvolta di salire sul pulpito per ricondurre alla parola immaginifica anche i critici più schierati e non solo i lettori in erba, poiché se “io ti riconosco / dove finisco io cominci tu / e per un attimo io non finisco più”.
Fonte: Il Sole 24 Ore