Il Tar non può sindacare sulla congruità delle offerte di partecipazione a una gara

La ditta la cui offerta economica risulti non rispettosa della normativa sul trattamento economico dei lavoratori va esclusa dalla gara della procedura concorsuale se, in base a una clausola del bando di gara, le imprese concorrenti avrebbero dovuto evidenziare il rispetto del Ccnl per le tipologie delle attività da svolgersi ovvero dei servizi oggetto dell’appalto.

Tuttavia il Tar, per avere certezza del rispetto di tale clausola, ha disposto una verifica, ovvero, una consulenza tecnica avente ad oggetto stabilire se il costo del lavoro indicato dall’impresa capogruppo del raggruppamento temporaneo di imprese (Rti) fosse o no inferiore al costo medio orario indicato nelle tabelle ministeriali di cui all’articolo 23, comma 16 del decreto legislativo 50/2016 e, se sì, se vi fossero giustificazioni per lo scostamento.

I motivi della bocciatura

La decisione del Tar è stata annullata dal Consiglio di Stato (sentenza 6533/2021 della sesta sezione), sulla base di un richiamo a un principio generale, circa l’insindacabilità del cosiddetto merito amministrativo, cioè le valutazioni discrezionali dell’Amministrazione. La decisione del primo giudice, infatti, è stata ritenuta in contrasto con l’orientamento prevalente circa l’estensione del potere che il giudice amministrativo ha di sindacare le valutazioni operate dalla stazione appaltante, sulla congruità delle offerte e relative giustificazioni, trattandosi di aspetti che sono espressione del potere discrezionale della pubblica amministrazione. Potere che è sì sindacabile in sede giurisdizionale ma limitatamente ai soli casi macroscopici di illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà e travisamento di fatto.L’anomalia riscontrata non poteva essere valutata ricorrendo a una procedura di verifica e, quindi, a una sorta di consulenza d’ufficio, poiché ciò equivarrebbe a estendere il potere valutativo del giudice amministrativo sulla offerta del concorrente a casi e situazioni che vanno al di là di quanto contemplato dalla vigente normativa e dalla giurisprudenza di riferimento.

Il precedente

Sulla valutazione della congruità delle offerte vale pena richiamare la sentenza 6/2019 della adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ciò in quanto, pur nella diversità delle questioni trattate, il caso era legato alla valutazione dell’offerta del concorrente, mancante di un requisito di qualificazione in misura corrispondente alla quota dei lavori cui l’impresa si era impegnata a eseguire con il raggruppamento temporaneo di imprese (Rti) di cui faceva parte. Circostanza che è causa di esclusione dalla gara per l’intero raggruppamento.È tuttavia interessante rilevare che il Consiglio di Stato pur riconfermando la regola generale dell’esclusione, chiarisce le condizioni in presenza delle quali la modifica dell’offerta non è causa di esclusione. Esse sono: a) che il Rti possedesse tutti i requisiti per l’esecuzione della globalità dei lavori messi a gara; b) che la differenza tra requisito di qualificazione, dichiarato dall’impresa, e quota dei lavori alla quale l’impresa si era impegnata, non ecceda l’entità e la qualità dei lavori che il Rti nel suo complesso era in grado di eseguire in quanto il Rti era comunque, in possesso dei requisiti sufficienti per coprire l’intero ammontare dell’appalto; c) che il Rti avesse forma di raggruppamento orizzontale; d) che l’amministrazione autorizzasse il mutamento della quota lavori sulla scorta di una valutazione discrezionale.

Fonte: Il Sole 24 Ore