Imprese, come integrare inclusione e merito

E’ possibile far coesistere inclusione delle diversità e merito nelle aziende? Questa la sfida a cui sono chiamate le imprese, che intendono investire sui talenti andando oltre la barriera dei pregiudizi. Una sfida che si gioca a più livelli, perché va declinata per comprendere la molteplicità di fattori che compongono oggi la nostra società.

Diversità di genere

«Oggi all’interno delle organizzazioni coesistono quattro generazioni. La generzione Z – osserva Cristiana Scelza, presidente di Valore D, nel corso della tavola rotonda dal titolo “Imprese tra inclusione e merito” – sta esercitando una forte attrazione gravitazionale sulle altre generazioni all’interno delle organizzazioni, in particolare su come giudica il lavoro». Il che si traduce in un ripensamento profondo che parte dal senso dell’occupazione che si svolge e dai valori dell’impresa di cui si fa parte. E sempre sui giovani Scelza sottolinea come non ci si possa più permettere il lusso di escludere un talento per pregiudizio, considerata la scarsità dell’offerta sul mercato del lavoro e per questo è necessario lavorare sui bias che influenzano la valutazione delle performance e quindi del merito.

Lgbtq+

Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento di Igor Suran, direttore esecutivo di Parks – Liberi e uuguali, che sottolinea: «Bisogna creare le condizioni perché tutti possano esprimere al massimo le proprie potenzialità e lo si può fare solo rispettando le necessità di ciascuno». Allora la cultura dell’ascolto e della voce diventano indispensabili per costruire un ambiente di lavoro aperto alle diversità, perché «come aziende possiamo fare molto per completare il quadro normativo italiano, su temi ad esempio come la transizione di genere oppure l’omogenitorialità».

La certificazione di parità

D’altra parte il panorama legislativo italiano non è uniforme e se presenta punte di eccellenza, come la legge sulle quote di genere negli organi societari che ha portato l’ìItalia fra i Paesi più virtuosi al mondo per la presenza di donne nei cda delle società quotate, su altri fronti lascia ancora a desiderare, coem ha ricordato Martina Rogato, co-presidente W7: «La certificazione di parità per le imprese è guardata con attenzione da altri Paesi, come la Francia, che vorrebbero introdurla. Allo stesso tempo dall’Unione europea, che ha appena approvato la Corporate Sustainability Reporting Directive, arrivano nuove sfide perché le imprese avranno nuovi obblighi per individuare e mitigare i danni non solo in tema ambientale ma anche di violazione dei diritti umani lungo tutta la catena di valore».

La multiculturalità

Le imprese, dal canto loro, sembrano essere pronte ad affrontare una complessità sociale in continua evoluzione, come testimonia Mauro Franzoni, presidente di Acqua Levico: «Se in Italia gli immigrati rappresentano il 10% della popolazione, nella nostra azienda la percentuale è pari al doppio. In questo senso le aziende possono essere elemento di cambiamento culturale, ma devono dimostrare credibilità nei fatti verso tutti i propri portatori di interesse». E Acqua Levico lo fa anche fermando le attività per dedicare giornate alla formazione multiculturale.

Fonte: Il Sole 24 Ore