
«Imprese motori di innovazione economica e sociale»
Integrazione e innovazione sono il filo conduttore delle parole di Heiner Oberrauch, presidente di Confindustria Alto Adige, nell’assemblea dell’associazione che riunisce 494 imprese associate con 53.167 addetti: sostanzialmente il 25% di tutti gli occupati dipendenti del settore privato lavora in una delle imprese associate. «Potrà forse sorprendere il fatto che abbiamo scelto per la nostra Assemblea generale un tema così profondamente sociale come quello dell’immigrazione. Ma noi consideriamo una nostra responsabilità affrontare non solo gli aspetti puramente economici».
La demografia
Il contesto demografico preoccupa: «Negli anni ‘60 in Alto Adige si registravano oltre 8mila nati all’anno. Ciò significa che circa 85.000 persone usciranno dal mercato del lavoro per motivi anagrafici. Nel periodo tra 2005 e 2015, ovvero quello della generazione che sta iniziando a entrare ora nel mercato del lavoro, i nati sono scesi a poco più di 5mila all’anno. Il calcolo è tanto semplice quanto spaventoso: nei prossimi 10 anni perderemo 85mila potenziali collaboratori e collaboratrici e solo 55mila entreranno a far parte del nostro organico. Si tratta di una perdita di 30mila persone, ripeto: 30mila. Siamo chiamati tutti a farcela con meno persone, compresa l’amministrazione provinciale. Anche se di sicuro la digitalizzazione e l’automazione ci aiuteranno in diversi ambiti, ci dobbiamo chiedere: come faremo a mantenere il nostro sistema sociale, come faremo a sostenere la sanità, l’assistenza, l’istruzione e, non ultimo, la nostra produzione?».
L’immigrazione
Nemmeno coinvolgere maggiormente tutte le componenti della società nel mercato del lavoro, permettere ai giovani di fare esperienza nel mondo del lavoro molto più precocemente e creare offerte innovative per le donne può bastare, sottolinea Oberrauch: «Ma anche così non riusciremo a coprire l’intero fabbisogno di nuovi collaboratori e collaboratrici. Lo potremo fare solo se riusciremo a garantire immigrazione qualificata. Qualificata, gestita, controllata. È un compito che riguarda l’intera società. Sappiamo che si tratta di un grande compito, ho la netta impressione che non abbiamo ancora risposte né una visione a livello di sistema politico, economico e sociale».
Citando Franklin Delano Roosevelt, il presidente invoca «coraggio e provare a percorrere nuove strade. Anche quando si tratta di immigrazione: «Troppo spesso quando se ne parla non si guarda al buono, ma si semina paura, concentrando l’attenzione sulla criminalità o sulla insicurezza. Non voglio sminuire la questione: è un tema che va preso seriamente, ma dobbiamo riportarlo alla giusta dimensione. In Alto Adige vivono attualmente più di 50mila stranieri. I rifugiati rappresentano una quota ridotta: solo uno straniero ogni 50 tra quelli che vivono in Alto Adige lo è. Anche di questi rifugiati siamo chiamati a prenderci cura e ne avremo bisogno, come avremo bisogno soprattutto di immigrazione qualificata. Dobbiamo cercare di far tornare i sudtirolesi e le sudtirolesi che sono all’estero e attrarre nella nostra provincia talenti qualificati da fuori. Riusciremo a farlo solo se renderemo l’Alto Adige un luogo attrattivo dove fare impresa e dove vivere».
La politica
Le imprese sono già motori di innovazione tecnologica, ma anche sociale: «Siamo un esempio di integrazione: nelle nostre imprese lavorano persone originarie di decine di Paesi diversi. Investiamo nella formazione di base e continua, offriamo welfare e spesso ci occupiamo anche degli alloggi e di altre questioni burocratiche. Soprattutto, però, le nostre aziende generano benessere e gettito fiscale. Ho l’impressione che attualmente questo venga troppo spesso dimenticato».
Fonte: Il Sole 24 Ore