In campo il Dna ambientale

Gli animali, e in generale tutte le specie viventi, lasciano di continuo tracce nell’ambiente sottoforma di materiale genetico, che oggi la tecnologia ci permette di individuare – per esempio nel suolo e nelle acque – e di analizzare. Non è, di per sé, una novità: già alla fine degli anni Ottanta, in un laboratorio statunitense della Florida, un gruppo di ricercatori aveva cercato (seppure in maniera rudimentale) di svolgere un censimento delle specie presenti in una determinata area proprio attraverso lo studio del Dna.

Una traccia per la ricerca scientifica

Ma oggi queste tracce di acidi nucleici, chiamate Dna ambientale o in breve eDna, stanno diventando risorse fondamentali in vari campi della ricerca scientifica. Dallo studio degli ecosistemi all’epidemiologia, fino alla mitigazione del cambiamento climatico, l’insieme di molecole di materiale genetico presenti in una porzione di terreno, così come nell’aria o in uno specchio acqua, è utile per comprendere (e quindi proteggere) la biodiversità, oltre che per ricavare informazioni preziose per molti filoni di ricerca scientifica.

L’analisi delle acque a Venezia

«L’analisi del Dna ambientale, come si sta facendo per esempio nelle acque della laguna di Venezia, ci aiuta a ricostruire la presenza delle specie che vivono in una determinata area geografica, per ricavarne dati sugli ecosistemi, sull’inquinamento e sui cambiamenti climatici», spiega Lorenzo Zane, professore di ecologia dell’Università di Padova e affiliato al National Biodiversity Future Center (Nbfc) di Palermo. «L’attività di ricerca permette di scattare un’istantanea della situazione, anzitutto con l’obiettivo di tutelare la salute degli animali e degli ecosistemi attraverso scelte strategiche basate su dati solidi».

Si crea così un circolo virtuoso che favorisce il reperimento di ulteriori informazioni, valida altri campionamenti svolti sullo stesso territorio e permette di stabilire criteri di valutazione oggettivi per la salvaguardia delle specie presenti.

Zane (Uni Pd.): «Tecnica più semplice e vantaggiosa»

Lo studio del Dna ambientale non rimpiazza comunque le tradizionali indagini sul pescato, ma ha un ruolo complementare con la potenzialità – anzi – di valorizzarle ulteriormente. Negli ultimi anni si sta parlando sempre più di eDna non solo per le numerose applicazioni, ma soprattutto per la praticità della tecnica: «La tecnica del Dna ambientale è più semplice degli altri processi di analisi della biodiversità, oltre a essere economicamente vantaggiosa in termini di formazione dei ricercatori, di tempo necessario per l’esecuzione materiale dei test e di standardizzazione dei processi», continua Zane.

Fonte: Il Sole 24 Ore