In Malesia incontri a tavola tra foresta e metropoli
A metà mattina i piccoli barattoli blu sono già ricolmi. Il liquido, densissimo, è di un bianco abbagliante. Ayah Inde lo indica sorridendo: «È una delle ricchezze della foresta e della nostra comunità – spiega -, lo raccogliamo tutti i giorni e inviamo a un piccolo stabilimento locale che si occupa delle prime lavorazioni. Poi, trasformato in lastre sottili, approderà nelle grandi fabbriche oltreoceano e in migliaia di forme diverse arriverà nelle vostre case».
Da Kuala Lumpur alla foresta di Bukit Beruang
Siamo nella foresta di Bukit Beruang e quelli che abbiamo di fronte sono gli alberi della gomma. Sfregiati da tagli diagonali, secernono il loro latte candido con placida regolarità. Kuala Lumpur, con le sue torri fiammeggianti e il dedalo labirintico dei nuovi grattacieli, è a meno di un’ora d’auto. Da qui, però, sembra lontanissima. Un altro mondo. La foresta di Bukit Beruang – letteralmente “la collina dell’orso” – circonda il piccolo villaggio indigeno Kampung Orang Asli Serendah ed è custodita con fierezza dalla popolazione locale, capace di leggerne ogni arbusto, ogni foglia, ogni singola bacca. Ayah Inde, insieme a Pak Elok, uno degli anziani saggi della comunità, accompagna i viaggiatori nelle escursioni all’interno della foresta, su e giù per gli stretti sentieri dove il terreno, impregnato dalla prime piogge monsoniche, a tratti diventa insidioso. Quando il caldo incalza opprimente Ayah si ferma per uno dei suoi giochi di magia: taglia il ramo di un grande arbusto, l’Akar Mempelas, e da questo inizia a sgorgare acqua purissima. Un calo di pressione? Ecco la Fiddle Head Fern, la felce dai germogli primaverili, con zero colesterolo e un concentrato di potassio e magnesio. Chiunque viva i boschi è un esperto di sopravvivenza, conosce infinite erbe e bacche, ci sono perfino foglie-sapone per ripulirsi, ma qui la sapienza è davvero enciclopedica. La tribù indigena Temuan abita questa foresta da generazioni e ha fatto della tutela e conservazione del territorio la propria principale occupazione. Escursionisti arrivano da tutto il mondo per inerpicarsi lungo i cammini scoscesi, indirizzati dalle guide locali nella ricerca degli arbusti più rari o di frutti sconosciuti. Li scortano nel loro vagabondare fino al rientro al villaggio, dove vengono accolti dalle donne della comunità che hanno cucinato proprio quelle erbe e quei frutti. Sempre più spesso, da qualche anno a questa parte, arrivano qui anche giovani cuochi, interessati a radicare la loro proposta gastronomica nel patrimonio vegetale del paese.
Ingredienti indigeni per il cibo degli dei
Uno dei primi a intraprendere questo percorso è stato Darren Teoh: al centro del menu del Dewakan, il suo ristorante affacciato sulle Petronas, le due torri simbolo di Kuala Lumpur, ci sono gli ingredienti indigeni. Darren lavora da tempo a stretto contatto con le comunità ed elabora in piatti di alta cucina le materie prime della millenaria tradizione locale. Con un approccio al tempo stesso audace e autentico, conduce questi ingredienti a creare connessioni inedite, in un arazzo gustativo avvincente. Dewakan, combinazione delle parole malesi dewa’ (dio) e makan’ (cibo), vuole essere un luogo dove si celebra il cibo degli dei, che è poi quello incontaminato della natura. Ingredienti semplici, come la melanzana Keladi Telur Yam, ad esempio, un fagottino dove il Keladi Telur, verdura selvatica con gusto e consistenza simile alla patata farinosa, si accompagna a un ripieno di foglie salate di kaduk, pianta dall’odore pungente con proprietà digestive, mochi e melanzane cucinate con miso di petai (i semi dei contorti baccelli di Parkia speciosa). «A Dewakan – spiega lo chef – ci concentriamo sui migliori ingredienti locali, autoctoni o indigeni a nostra disposizione. Ma non c’è nulla di strano, i nostri menu sono un’esperienza alla portata di tutti, mettono in mostra le nostre stagioni, così come sono, in una successione di piatti nel corso della serata».
Gli stessi ingredienti si scorgono nei piatti preparati dalle donne di Kampung Serendah. Appoggiata ad un’ansa del fiume Sungai Serendah, a pochi tornanti dal villaggio, nel cuore della foresta, sorge Umah Temuan, una piccola dimora in bambù dove si può passare la notte: stesi sulle stuoie o dondolando sull’amaca, ci si addormenta al suono del fiume che scorre, pronti a tuffarsi nelle sue acque corroboranti alle prime luci del mattino. Al ritorno da un’escursione a caccia di bacche e funghi – i più curiosi sono quelli che crescono sui grossi rami cadenti degli alberi, preziosi come un pizzo immacolato – si viene accolti da Mui Inde, moglie di Ayah, che ha preparato pollo affumicato con le foglie aromatiche del semomok, usato anche in medicina ayurvedica, cuori di palma fritti e l’immancabile Sambal kantan, il condimento per eccellenza, dolce e speziato.
Fonte: Il Sole 24 Ore