In Tasmania, isola misteriosa e lucente dove i confini si perdono

In Tasmania, isola misteriosa e lucente dove i confini si perdono

Il primo respiro dell’aria della Tasmania è la sua presentazione più autentica: brillante di leggerezza, di purezza tagliente. Nella sua atmosfera così nitida si riflette la prossimità dei ghiacci dell’Antartide. Quest’isola grande più o meno come l’Irlanda si raggiunge in un’ora di volo da Melbourne, e anche se dista appena 250 km dall’Australia (di cui fa parte) è un mondo a sé, che dona la precisa sensazione di trovarsi lontano da ogni definizione. In tempi di filtri da social e diffuse codificazioni, raramente troverete una destinazione dove l’incontaminato tocca l’oscuro, ciò che è autentico diventa misterioso.

Per entrare nella sua ventina di riserve naturali servono precise e abbastanza costose autorizzazioni, ma varcati gli ingressi la natura toglie subito senso al concetto tutto umano di confine. Lo avvertirete lungo uno dei tanti percorsi di trekking della Tasmania: il più classico è l’Overland Track, che con i suoi 65 km attraversa il cuore dell’isola e le sue montagne, foreste e silenzi, dalla Cradle Mountain fino alle immobili acque glaciali del Lake St Clair, che gli aborigeni, originari abitanti della terra che chiamavano Lutruwita, avevano definito leeawuleena, l’acqua che dorme. Dedicato proprio al sapere e alla cultura della popolazione che per prima abitò l’isola, e che dopo 20mila anni nel 1802 vide l’arrivo degli esploratori di sua maestà britannica, è la Wukalina Walk, organizzata da guide di origine aborigena: per quattro giorni e tre notti vi condurranno fra racconti ed esperienze da wukalina (il Mount William National Park) a Larapuna (la Bay of Fires), nel nord-est dell’isola. Luci e ombre si mescolano anche nella fitta vegetazione dell’area di Tarkine, fra le più grandi e incontaminate foreste pluviali del pianeta, punteggiate dai resti delle estrazioni minerarie ottocentesche.

Questa natura così intensa è stata in qualche modo addomesticata, sempre con profondo rispetto, nei piatti dei tanti luoghi che oggi rendono la Tasmania una delle mete più intriganti per i foodies. Per scoprire la sua gastronomia sono perfetti i mercati di Hobart e Launceston, le due città principali, dove si apprezza anche un certo approccio comunitario, condiviso all’agricoltura.

Fra i ristoranti più interessanti c’è il pluripremiato The Agrarian Kitchen, a New Norfolk, con un giardino che fornisce fino al 90% degli ingredienti del menù, e Stillwater, in un ex mulino del 1830 a Launceston, dove si esplorano peculiari sapori e consistenze del pescato locale.

Anche nella produzione vinicola la Tasmania sta guadagnando considerazione, grazie alla peculiarità di clima e terreno che permette a vitigni pur comuni come il Pinot Nero e lo Chardonnay di arricchirsi delle note dell’oceano, pienamente riconoscibili nelle bottiglie di Cranbrook, cantina del 1875 sulla costa di Freycinet. C’è chi, fra i tanti distillatori di eccellente whisky – produzione in costante aumento – giunge a far maturare le bottiglie in barca, come Michael Briggs di Iron Horse, cantina affacciata sulla costa orientale di Four Mile Creek.

Fonte: Il Sole 24 Ore