Incentivi per allungare l’età lavorativa, previdenza complementare da rafforzare

Incentivi per favorire la permanenza al lavoro di chi è prossimo alla pensione, a cominciare dai dipendenti pubblici. Rafforzamento della previdenza complementare, anche attraverso un nuovo intervento sul Tfr. E con un’attenzione specifica ai giovani. Che, con tutta probabilità, nel 2025 per raggiungere l’importo minimo del trattamento pensionistico richiesto per accedere al canale di pensionamento anticipato con 64 anni d’età e 20 di versamenti (3 volte quello dell’assegno sociale, destinato a tornare a 2,8 volte) potranno inglobare anche la “rendita” delle forme integrative. La rotta pensionistica tracciata dal Piano strutturale di bilancio, targato Meloni-Giorgetti, guarda prioritariamente alla sostenibilità del sistema previdenziale e, almeno per il momento, non prevede di allontanarsi troppo dalle coordinate tracciate a suo tempo dalla legge Fornero. Anche perché, come si evidenzia chiaramente nel documento, occorre fare immediatamente i conti con il cosiddetto “inverno demografico” e, di fatto, evitare nuove impennate della spesa pensioni. Che, a legislazione vigente, è destinata a mantenersi a quota 15,3% del Pil nel prossimo biennio, per poi risalire l’anno successivo al livello del 2024 (15,4%).

La sostenibilità del sistema

Lo stesso ministro dell’Economia Giorgetti nell’introduzione del documento afferma a chiare lettere che il Piano «si concentra sulla sostenibilità del sistema pensionistico e sulla qualità del sistema sanitario». Nessuno spazio, dunque, a misure per favorire l’accesso al pensionamento, ma anzi la strada indicata dal Psb va nella direzione opposta. Una nuova riforma è però tutt’altro che esclusa, seppure in forma parziale. «Al fine di assicurare una partecipazione attiva al mercato del lavoro, in linea con le tendenze demografiche, il governo si impegna a introdurre modifiche sui criteri di accesso al pensionamento», si legge nel documento, in cui si sottolinea che «l’allungamento della vita lavorativa costituisce una necessità, condivisa da quasi tutti i Paesi avanzati, per la sostenibilità dei sistemi previdenziali».

Incentivi per la permanenza al lavoro

Di qui la decisione del governo di ricorrere in prima battuta a «incentivi alla permanenza nel mercato del lavoro». Si partirà, come è noto, dal pubblico impiego: «si prevede – si legge nel Psb – di rivedere e superare l’obbligatorietà di ingresso in quiescenza dei dipendenti pubblici definendo soluzioni che consentano un allungamento della vita lavorativa». Potrebbe anche salire il requisito anagrafico per il pensionamento delle forze dell’ordine. Incentivi alla permanenza in attività dovrebbero essere previsti anche nel settore privato, sulla falsariga del bonus Maroni. Nel 2025 dovrebbero comunque essere prorogate Quota 103 “contributiva”, Ape sociale e Opzione donna. La previdenza complementare sarà rafforzata con una nuova fase di «silenzio-assenso» per il Tfr e con un meccanismo per la destinazione ai fondi pensione di almeno il 25% della liquidazione dei neo-assunti. Non dovrebbe scattare una nuova stretta per la perequazione delle pensioni.

Fonte: Il Sole 24 Ore