Industria italiana delle armi civili, export +68% in cinque anni

Industria italiana delle armi civili, export +68% in cinque anni

Armi e munizioni civili, export in crescita per la filiera italiana. Secondo l’ultima fotografia del settore, commissionata dall’associazione confindustriale delle aziende Anpam all’Università di Urbino, nel 2023 il valore delle esportazioni ha toccato i 500 milioni di euro, dai 300 del 2019, per le armi, e i 140 milioni, dagli 80 del 2019, per le munizioni, per un totale di 640 da 380 in cinque anni: +68%. «Oltre il 90% del valore industriale della produzione di armi e il 60% di quella delle munizioni è destinato ai mercati esteri», racconta il presidente di Anpam Giovanni Ghini: «L’Italia si conferma un’eccellenza nel panorama globale, sia dal punto di vista tecnico che del design. Alle Olimpiadi di Parigi 2024 gli atleti che hanno utilizzato fucili italiani si sono aggiudicati 18 medaglie sulle 18 totali, mentre le munizioni Made in Italy hanno registrato 14 vittorie su 18. Know-how produttivo e altissimi standard di precisione fanno dell’industria armiera italiana un settore apprezzato da oltre 100 milioni di cacciatori e tiratori sportivi nel mondo».

Usa mercato principale

Tra i motivi della crescita, quella del mercato americano: «È la principale destinazione dei prodotti delle nostre aziende. Seguono i Paesi europei e il Sudamerica. La Turchia sta crescendo molto come mercato di sbocco e anche come nostro competitor, facilitata da costi più bassi dei nostri e dall’assenza di burocrazia: negli ultimi 4-5 anni è raddoppiato il numero di aziende e oltre a una crescita quantitativa ce n’è stata anche una qualitativa», sottolinea Ghini.

Gli annunci di dazi del presidente americano Donald Trump non lasciano tranquillo il settore: «In considerazione della forte vocazione all’export della produzione delle armi e munizioni Made in Italy, e del fatto che il mercato statunitense è il mercato di riferimento del settore, preoccupa non poco il possibile aumento dei dazi doganali paventato dall’amministrazione americana. Negli Usa la domanda di armi e munizioni sportive e venatorie è molto alta visto che gli States contano oltre 50 milioni di cacciatori e tiratori praticanti. Ne consegue che l’offerta è molto ampia e la concorrenza tra i competitor è molto tesa», osserva ancora Ghini: «Se consideriamo inoltre che la produzione Usa è quasi totalmente destinata al mercato interno, viene da sé che in caso di applicazione di dazi sul made in Europe, ciò rischierebbe di mettere fuori mercato i prodotti del vecchio continente con importanti ricadute negative sul settore produttivo europeo e italiano».

Valore di 1,3 miliardi

Il valore economico diretto del settore, comprensivo di produzione di armi e munizioni civili, sistema di fornitura e distributori, nel 2023 è stato di 1,3 miliardi di euro: +44% rispetto al 2019. Le 1.857 aziende della filiera hanno dato lavoro a 10.081 addetti. Considerando l’indotto si arriva a un giro d’affari di 8 miliardi (3 quelli relativi solo alla spesa dei cacciatori) per 88mila occupati.

«Gli incrementi di fatturato ed export avrebbero potuto essere anche maggiori», commenta Ghini: «In parte sono l’effetto della crescita dei costi delle materie prime e dei trasporti, che hanno avuto un impatto sui prezzi per il consumatore finale. Ci siamo trovati ad affrontare la scarsità di materie necessarie alla nostra produzione di armi e munizioni. Abbiamo registrato mancate vendite per incapacità di approvvigionamento sul mercato o tempi troppo lunghi. In questo contesto, le lentezze della burocrazia italiana non hanno aiutato. Il nostro è un settore altamente controllato, ed esportiamo su licenza in 70-80 Paesi dei 193 riconosciuti dall’Onu. Una semplificazione per il rilascio delle licenze, pur tenendo alto il livello di controllo, potrebbe togliere ostacoli e favorire la competitività delle nostre aziende. Anche perché i Paesi nostri competitor, penso anche alla Francia o alla Germania, arrivano ad avere le autorizzazioni necessarie in un terzo del tempo che serve a noi. Questo evidentemente sul mercato toglie occasioni di vendita».

Fonte: Il Sole 24 Ore