Influenza e Covid, la doppia circolazione è il banco di prova vero

Influenza e Covid, la doppia circolazione è il banco di prova vero

Questa stagione invernale è un banco di prova per il Ssn che con il ritorno del virus influenzale ai livelli pre-Covid, come mostrano i dati australiani, dovrà fronteggiare contemporaneamente influenza e Covid. In un contesto che ha da un lato l’allentamento delle misure messe in atto per mitigare la pandemia di Covid-19 e dall’altra una bassa percentuale di popolazione vaccinata contro l’influenza (a cui si aggiunge il fatto che negli ultimi due anni c’è stata poca infezione naturale da influenza).

Di conseguenza, l’immunità di gregge contro i virus oggi in circolazione è probabilmente inferiore rispetto agli anni precedenti. Senza contare l’intera coorte di bambini sotto i 2 anni che non sono mai stati esposti all’influenza. A tutto questo si somma la stanchezza e l’esitazione alla vaccinazione in generale. E se le previsioni sulle mutazioni del coronavirus sono un azzardo, quest’inverno entriamo in un territorio inesplorato perchè non sappiamo come sarà il mix Covid-influenza.

Sarà interessante vedere cosa faranno i due virus quando circoleranno nello stesso momento e se uno influenzerà l’altro. Ci sarà un tiro alla fune tra i due? Oppure si innescherà una sorta di “interferenza virale”, con un meccanismo “virus scaccia virus”, come ha dimostrato uno studio in via di pubblicazione condotto all’Università del Kent da Martin Michaelis, in cui cellule bronchiali umane in provetta infettate dalla variante Omicron sono diventate “resistenti” all’infezione da virus influenzale H1N1.

Di fronte a una varietà di scenari che potrebbero portare a cambiamenti inaspettati alla stagione influenzale, «dal punto di vista della prevenzione, vale la pena sottoporsi sia a un vaccino antinfluenzale che a un richiamo per il Covid» – dice Fabrizio Pregliasco, direttore scientifico di Osservatorio Influenza, professore associato di Igiene generale e applicata all’Università di Milano e direttore sanitario dell’Istituto Ortopedico Galeazzi-Sant’Ambrogio. E rispetto all’evoluzione dalla pandemia sottolinea: «siamo in una fase di transizione, tra quella che è stata la pandemia e quella che sarà l’endemia. Però questo andamento endemico non deve far pensare a una bassa circolazione tutto l’anno in modo standard. Sulla base del meccanismo epidemiologico legato alla quota di suscettibilità – dettato dalla diminuzione della protezione sia della precedente vaccinazione sia dell’infezione – ci dobbiamo aspettare ondulazioni di crescita, cioè onde come quelle di un sasso nello stagno. Quest’inverno con la maggior libertà, il ritorno al chiuso e gli sbalzi termici avremo la facilitazione di due virus che hanno le stesse condizioni, con una maggior difficoltà di diagnosi differenziale».

E a fine anno, per il Covid, arriveranno anche i vaccini proteici aggiornati di Sanofi-Gsk, che ruolo avranno? «Ora che le cose vanno verso una normalizzazione, e in prospettiva i casi di Sars-CoV-2 diventeranno più stagionali, avere più opzioni di rifornimento e di disponibilità quantitativa è un vantaggio, con lo stesso approccio dell’influenza. La piattaforma a Dna ricombinante con cui si producono i vaccini proteici è una tecnica ben collaudata che si usa anche per altri vaccini (antinfluenzale, antimeningococco e per il papilloma virus) e a cui viene aggiunto un’adiuvante per aumentare la risposta immunitaria. Oltre a essere più maneggevole perché si può trasportare a temperature tra i 2° e 8° C, questo vaccino in alcuni studi ha dimostrato che la quota di anticorpi neutralizzanti è addirittura superiore a quelli attuali così come la risposta sui linfociti T, cioè l’immunità cellulare».

Fonte: Il Sole 24 Ore