Infrazioni Ue, l’Italia sale a 65 procedure. Come va negli altri Paesi europei

I prodotti in plastica monouso – banditi dall’Unione europea con la direttiva 2019/904/Ue – e la governance europea dei dati. Sono due tra i temi che hanno riportato l’Italia sotto la lente della Commissione europea. Nelle ultime settimane, infatti, Bruxelles ha aperto quattro nuove procedure di infrazione nei confronti del nostro Paese, riportando (al netto di due archiviazioni) a 65 il totale dei procedimenti aperti che ad aprile era sceso, complici sette archiviazioni, da 70 a 63. Delle contestazioni attualmente in corso 48 sono per violazione del diritto dell’Unione e 17 per mancato recepimento di direttive. A quelle già citate – la prima per violazione del diritto comunitario nel recepire la direttiva sulla plastica monouso; la seconda per mancato recepimento del regolamento 2022/868 sulla governance europea dei dati – si aggiungono le procedure aperte perché il nostro Paese non ha recepito le direttive 2022/362 (relativa alla tassazione a carico di veicoli per l’uso di alcune infrastrutture) e 2022/431 (sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro).

In tutti e quattro i casi Bruxelles ha inviato a Roma la nota di messa in mora ex articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea che disciplina la fase di pre contenzioso. L’Italia avrà tempo due mesi dall’avvio della procedura per fornire chiarimenti ed evitare che la procedura di infrazione passi alle fasi successive – l’iter è complesso e può durare anni – tra cui parere motivato, decisione di ricorso, ricorso alla Corte di giustizia europea e infine sentenza. Quest’ultima può tradursi in una sanzione pecuniaria come già accaduto, per esempio, nel caso dell’emergenza rifiuti in Campania o della non corretta applicazione delle direttive su rifiuti, rifiuti pericolosi e discariche: secondo il Servizio per la qualità degli atti normativi del Senato, le sanzioni pecuniarie a nostro carico alla data del 31 dicembre 2021 ammontavano a 877,9 milioni; a marzo 2023 il conto era salito a oltre un miliardo di euro.

Le procedure a carico del nostro Paese oggi in fase più avanzata sono 31: 17 pareri motivati, tre decisioni di ricorso, un ricorso e quattro sentenze per procedimenti in fase di pre-contenzioso; due decisioni di ricorso e quattro sentenze in fase di contenzioso vero e proprio. Le questioni spaziano dalla cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e, in particolare, il superamento dei valori limite di Pm10 e Pm2.5, alle concessioni balneari. La procedura è alla fase di precontenzioso con la Commissione Ue che ha inviato a Roma un parere motivato ex articolo 258. La questione è tutt’altro che chiusa: il Governo Meloni ha infatti ha prorogato fino alla fine del 2024 le concessioni in essere. Rinvio su cui si è pronunciato (negativamente) anche il Consiglio di Stato che ne ha stabilito l’incompatibilità con la direttiva Bolkestein sulla libera concorrenza.

Tra gli ultimi pareri motivati mossi contro il nostro Paese c’è quello con cui Bruxelles lo scorso novembre ha contestato la normativa dell’assegno unico universale: ritenendolo una misura assistenziale di carattere universale, la Commissione ne boccia i requisiti di accesso (in particolare la residenza, anche non continuativa, per almeno due anni in Italia oppure il contratto di lavoro almeno semestrale) che così discriminano i residenti comunitari – anche con figli oltreconfine – in violazione delle norme europee sul coordinamento della sicurezza sociale e sulla libera circolazione dei lavoratori.

I mesi concessi all’Italia per uniformarsi alle indicazioni europee sono già scaduti, ma le trattative per evitare il ricorso alla Corte di giustizia Ue ora sono “congelate” in attesa del voto europeo. Intervistata sul punto al Festival dell’Economia di Trento, la premier Giorgia Meloni ha detto: «Spero che la prossima Commissione abbia un approccio più ragionevole, altrimenti daremo battaglia». All’orizzonte c’è poi la possibilità che la Commissione apra, verso l’Italia così come verso altri Paesi, una nuova procedura di infrazione per eccesso di deficit.

Fonte: Il Sole 24 Ore