
Innovazione, l’Europa agisca come un unico Stato
Tralasciando in questa sede gli importanti moniti e le relative ricette descritte da Draghi con riferimento al tema dell’approvvigionamento e del costo dell’energia nonché rispetto alla spinosa e potenzialmente drammatica questione della difesa comune europea, ciò che maggiormente emerge è la perdita costante di competitività dei Paesi dell’Unione sul terreno dell’innovazione tecnologica, della sua incentivazione e delle regole comuni che necessariamente devono disciplinarla.
Il ruolo delle regole in Europa
Eppure l’Europa unita è stata capace negli ultimi 30 anni di rivoluzionare lo spazio ecomomico e sociale dei Paesi dell’Unione, introducendo la libera circolazione delle merci, prima, delle persone, poi ed infine dei dati, presupposto, quest’ultimo, imprescindibile per la creazione di mercati competitivi e di spazi aperti e protetti al tempo stesso che avrebbero dovuto creare le condizioni ideali per la crescita di start up e unicorni hi-tech Made in Europe. E le regole che sono state scritte nello stesso periodo, lungi dal voler ostacolare tali obiettivi, hanno tracciato la strada del possibile bilanciamento tra esigenze economiche e sociali talvolta contrapposte – si pensi al tema capitale della libera circolazione e protezione dei dati personali, come bilanciato nel Gdpr. In tale direzione gli sforzi finora profusi per raggiungere gli obiettivi dettati dall’agenda digitale europea, integrata dai boosters generati con i programmi Next Generation Eu e Pnrr, sembrerebbero non aver colto a pieno nel segno.
Che cosa dunque non ha funzionato e continua ancora a sabotare le strategie messe in campo dalle istituzioni comunitarie e da quelle nazionali in Europa?
L’avvento dell’Ai generativa
Certo, il mondo nel frattempo ha conosciuto due nuove sanguinose guerre, la cui conclusione non è né scontata né a portata di mano, cosi come ha vissuto l’esperienza della pandemia e della recessione globale da essa scaturita. E poi al risveglio, oltre alle citate guerre, gli Stati Uniti hanno rilasciato una nuova generazione di software caratterizzati dai modelli di Llm (large language models), rendendo disponibile sul mercato prodotti e servizi basati sull’intelligenza artificiale generativa, un ambito in cui da subito si è compreso come Usa e Cina fossero decisamente più avanti non solo nello sviluppo e progettazione di tali prodotti, ma anche nella capacità di comprenderne potenzialità e concrete forme di utilizzo.
Da qui nasce l’ormai vecchio adagio secondo cui mentre gli Usa fanno innovazione, la Cina segue subito dopo rincorrendo (veramente la vulgata qui prevederebbe l’uso del verbo “copiare”), mentre l’Europa romanticamente regolamenta. E’ tutto vero? La tentazione di rispondere seccamente si è forte. Ma come sempre quando si tratta di scenari complessi, la verità sta nel mezzo. Draghi al Senato ha testualmente detto, a tal riguardo: «La regolamentazione prodotta dall’Unione europea negli ultimi 25 anni ha certamente protetto i suoi cittadini, ma si è espansa inseguendo la crescita di nuovi settori come il digitale e continuando ad aumentare le regole negli altri. Ci sono 100 leggi focalizzate sul settore high tech e 200 regolatori diversi negli Stati membri: non si tratta di proporre una deregolamentazione selvaggia, ma solo un po meno di confusione! Le regole troppe, troppo frammentate, penalizzano soprattutto nel settore dei servizi l’iniziativa individuale, scoraggiando lo sviluppo dell’innovazione e penalizzando la crescita dell’economia».
Fonte: Il Sole 24 Ore