Intercettazioni, retroattiva la riforma nei procedimenti contro la mafia

Intercettazioni, retroattiva la riforma nei procedimenti contro la mafia

È retroattiva la norma sulle intercettazioni contro la criminalità organizzata approvata quest’estate con decreto. La disposizione infatti ha natura interpretativa e non processuale e quindi può essere applicata anche per il passato, nei procedimenti tuttora in corso. Ad affermarlo, intervenendo per la primissima volta sul punto è la Cassazione, con la sentenza n. 47643 della Seconda sezione penale depositata il 29 novembre.

L’intervento del Governo, deciso per scongiurare l’estensione applicativa di una linea affermata in una pronuncia in particolare della stessa Cassazione, ha permesso di considerare utilizzabili nel processo penale le intercettazioni disposte con i più flessibili presupposti (al posto di «gravi indizi» bastano «sufficienti indizi» di reato; il ricorso alle intercettazioni deve essere «necessario» e non «indispensabile»; può procedersi a intercettazioni nel domicilio «anche se non vi è motivo di ritenere che si stia svolgendo l’attività criminosa») previsti per i reati di mafia anche a tutti i reati che la criminalità organizzata toccano solo tangenzialmente. È il caso, per esempio dei reati monosoggettivi, come l’omicidio o l’estorsione, aggravati dall’uso del metodo mafioso o commessi per agevolare organizzazioni.

Sin dall’approvazione però, e mai corretta in corso di conversione, è stata posta in dubbio dai primi interpreti la dimensione cronologica della applicazione della novità. La natura interpretativa infatti non era stata resa esplicita, aprendo la strada all’incertezza.

Ora la Cassazione afferma che è chiara la volontà del legislatore di attribuire alla nozione del 1991 , lo svolgimento delle indagini in relazione a un delitto di criminalità organizzata, «un perimetro applicativo ispirato al tratto che accomuna i reati caratterizzati dal legame, anche solo fattuale, con realtà criminali organizzate e, allo stesso tempo, alla funzionalità dello strumento investigativo in contesti dove la ricerca degli elementi di prova è resa particolarmente difficoltosa dalle caratteristiche dei fenomeni criminali».

Del resto, ed è il frutto della attenta ricognizione contenuta nella sentenza, la nozione del 1991 è stata oggetto di plurime e contrastanti letture. La scelta di quest’estate, con il decreto legge n. 105, è di considerare la categoria dei reati di criminalità organizzata sulla base dei dati convergenti del profilo organizzativo e della gravità di condotte che, seppure prive del connotato organizzativo, «si collocano nell’ambito dei fenomeni criminali in grado di alimentare e supportare lo sviluppo di organizzazioni delinquenziali».

Fonte: Il Sole 24 Ore