Irlanda al voto con l’ombra di Trump, corsa a tre per la vittoria
Da Biden l’irlandese a Trump, minaccia per la prosperità economica dell’isola. È il presidente eletto degli Stati Uniti il convitato di pietra dell’Irlanda, chiamata oggi, venerdì, alle urne per rinnovare il Daìl, la Camera bassa del Parlamento, in un voto che si annuncia molto più incerto del previsto, con gli ultimi sondaggi che vedono sostanzialmente appaiati i tre maggiori partiti: i centristi Fine Gael e Fianna Fail, tradizionali dominatori della politica irlandese, prima arcinemici e poi partner nel governo uscente, e i nazionalisti dello Sinn Fein.
«Qualunque governo – fa notare David Farrell, politologo dello University College di Dublino – dovrà affrontare i cambiamenti radicali dell’Amministrazione Trump. Come è noto, il principale punto di forza della nostra economia sono gli investimenti diretti delle aziende americane che Trump vuole riportare negli Stati Uniti, minacciando la nostra base imponibile, visto che gran parte del nostro gettito dipende dall’imposta societaria». Senza contare i rischi di dazi diffusi per un’economia piccola e aperta come quella irlandese.
Proprio il maxi-gettito garantito dalle multinazionali Usa, insieme alle entrate straordinarie dovute alla riscossione di tasse che Apple è stata condannata a pagare dalla Ue, ha garantito a Dublino quest’anno un surplus record di 25 miliardi. Denaro che ha spinto un po’ tutti i partiti a fare promesse elettorali ambiziose (e pericolose per un Paese che appena 15 anni fa ha sperimentato un tracollo finanziario e un piano di salvataggio internazionale).
I sondaggi
Gli ultimi sondaggi hanno segnato un brusco risveglio per il Fine Gael del premier Simon Harris, al potere da 14 anni, che ha perso nel giro di un paio di settimane 5-6 punti percentuali, attestandosi secondo la rilevazione di mercoledì sera di Business Post/Red C al 20%, a pari merito con i nazionalisti dello Sinn Fein e un punto dietro al Fianna Fail. A pesare sul calo di consensi, secondo Farrell, sono stati soprattutto due fattori: «Essendo stati al potere così a lungo – spiega – molti politici del Fine Gael stanno lasciando la politica, quindi la maggior parte dei candidati sono nuovi. E, nel nostro sistema elettorale, le persone che sono già state membri del Parlamento tendono a fare meglio. Inoltre – continua – il partito ha condotto una campagna elettorale molto negativa, con errori significativi». Compreso il giovane leader e primo ministro (38 anni), filmato pochi giorni fa mentre si allontanava troppo frettolosamente da un’operatrice socio-assistenziale che si lamentava dei servizi per i disabili.
I temi della campagna elettorale sono stati tanti e diversi, dall’emergenza case (largamente dominante nel 2020), alla sanità, dal costo della vita all’immigrazione, salita alla ribalta dopo l’invasione russa dell’Ucraina e l’afflusso di oltre 100mila rifugiati – il numero più alto pro capite in Europa occidentale – con crescenti tensioni sociali a Dublino, costate peraltro voti allo Sinn Fein, che nel 2022 aveva toccato nei sondaggi il 36% dei consensi e la cui linea in materia è stata giudicata da alcuni suoi sostenitori troppo morbida.
Fonte: Il Sole 24 Ore