Israele, in 100mila chiedono le dimissioni del premier Netanyahu

Israele, in 100mila chiedono le dimissioni del premier Netanyahu

I punti chiave

  • Le richieste sono condivise da gruppi eterogenei di manifestanti
  • Le elezioni anticipate si dovrebbero tenere entro il 13 di maggio
  • L’accusa al governo è di non impegnarsi per il rilascio degli ostaggi

Una manifestazione imponente, più di 100mila persone. E’ la prima grande dal 7 ottobre scorso, quando in seguito al massacro di Hamas, a Gerusalemme sono stati sospesi questi maxi raduni. Un popolo diversificato composto da ultraortodossi, pacifisti, gli sfollati dei kibbutz del sud e del nord, i familiari degli ostaggi. Uniti solo da una richiesta condivisa: le dimissioni del premier Benjamin Netanyahu.

Moshe Radman, uno dei leader della protesta, secondo quanto riporta The Times of Israel, spiega quali siano le richieste: «Siamo qui fino a mercoledì. Prima di tutto, vogliamo le elezioni perché pensiamo che questo governo non rappresenti l’opinione pubblica». Le elezioni anticipate potrebbero svolgersi, secondo i manifestanti, prima del 13-14 maggio, il Giorno dell’indipendenza. Ma « l’urgenza rimane la liberazione degli ostaggi, che secondo la maggior parte degli israeliani, non è tra le priorità del governo di Netanyahu ».

Uno scontro politico che si rivela frontale; il premier israeliano, in una conferenza stampa, prima di sottoporsi a un intervento chirurgico per un’ernia, ha ribadito che Hamas sarebbe la prima a festeggiare le elezioni anticipate. E ha ribadito: « Niente fermerà l’attacco a Rafah ». Mentre il movimento anti-Netanyahu, consapevole che sarà difficile ottenere la sfiducia da parte dell’Assemblea entro i sei giorni prima della pausa di primavera, non cede. L’obiettivo dei dimostranti è quello di mobilitare la società civile dopo mesi di silenzio, interrotti solo dai cortei dei parenti dei rapiti. “Doppiamo spostare l’ago della bilancia”, insiste Radman. E ciò dovrebbe avvenire entro il 13-14 maggio, prima del giorno dell’Indipendenza.

Il Primo ministro ha escluso la possibilità delle sue dimissioni, in un intervento televisivo: « Le nuove elezioni, ha detto, bloccherebbero il Paese per mesi e questo renderebbe più complicato portare avanti le trattative anche per quanto riguarda gli ostaggi di Hamas ». Uno scontro frontale che potrebbe essere negoziato dai colloqui tra l’Amministrazione Biden e il governo di Tel Aviv, sempre aperti nonostante l’insuccesso delle missioni in Medio Oriente del Segretario di Stato, Anthony Blinken.

Fonte: Il Sole 24 Ore