Istat: il Pil 2023 dell’Italia torna ai livelli pre-Lehman Brothers

Istat: il Pil 2023 dell’Italia torna ai livelli pre-Lehman Brothers

In Italia solo a fine 2023 il Pil reale è tornato ai livelli del 2007, quelli precedenti il crak della Lehman Brothers: in 15 anni si è accumulato un divario di crescita di oltre 10 punti con la Spagna, 14 con la Francia e 17 con la Germania. Se si confronta il 2023 con il 2000, il divario è di oltre 20 punti con Francia e Germania, e di oltre 30 con la Spagna. Il 32esimo rapporto annuale dell’Istat sulla situazione del Paese – presentato a Montecitorio il 15 maggio – fotografa un’economia che nell’ultimo triennio è cresciuta di più della media Ue27 e di più di Francia e Germania ma permangono fattori di debolezza strutturali e ritardi sulle parti più innovative. Alla crescita si è associato il buon andamento del mercato del lavoro.

La stagnazione della produttività del lavoro

La stagnazione della produttività del lavoro è uno degli elementi che ha caratterizzato il debole andamento del Pil in volume negli ultimi vent’anni e il conseguente allargamento del divario di crescita con le altre principali economie dell’Ue. In volume, il Pil per ora lavorata in Italia è cresciuto di solo l’1,3 per cento tra 2007 e 2023, contro il 3,6 per cento in Francia, il 10,5 in Germania e il 15,2 per cento in Spagna.

Nel sistema delle imprese, in Italia, il livello della produttività (valore aggiunto per addetto) a prezzi correnti nella manifattura è inferiore a quello osservato in Francia e Germania solo nel segmento delle micro e piccole imprese, che però hanno un peso maggiore in Italia. Nei servizi, invece, le imprese italiane mostrano una produttività inferiore in tutte le classi dimensionali.

Insomma, scrive l’Istat, negli ultimi 20 anni, l’Italia ha difeso il proprio posizionamento come paese esportatore, ma la concorrenza delle economie emergenti ha messo in crisi una parte rilevante delle industrie su cui si basava la specializzazione nazionale, che si è gradualmente modificata. D’altra parte, la lentezza nello sviluppo delle attività terziarie intense in conoscenza, oltre che in una debole dinamica delle esportazioni di servizi, si è riflessa in un’accresciuta dipendenza dall’estero. In questo periodo, la crescita dell’attività economica e della produttività del lavoro sono state particolarmente deboli, rispetto sia all’esperienza storica sia alle altre maggiori economie europee. Il recupero recente dell’attività di investimento, in particolare nella componente immateriale, se sostenuto, potrebbe contribuire nei prossimi anni al miglioramento delle prospettive di crescita del nostro Paese.

I ritardi nel digitale: solo 5% delle imprese fa uso dell’IA

Nonostante la recente accelerazione della trasformazione digitale delle imprese, il sistema produttivo italiano è ancora in ritardo rispetto alle altre maggiori economie dell’Ue nell’adozione delle tecnologie più complesse e nello sviluppo delle competenze ICT tra i lavoratori. Poco più della metà degli addetti delle imprese italiane è dotato di dispositivi connessi nello svolgimento del proprio lavoro (10 punti al di sotto della Germania), mentre l’Italia è ultima fra i principali paesi Ue nell’adozione di software gestionali nell’organizzazione del lavoro e nella gestione delle informazioni. Solo il 5 per cento delle imprese italiane fa uso di tecnologie di Intelligenza Artificiale, contro l’8 per cento della media Ue e l’11 per cento della Germania. Più di 8 imprese italiane su 10 ne percepiscono le potenzialità, ma molte segnalano come ostacoli la mancanza di competenze e gli alti costi. La carenza di professionisti ICT è un problema comune a tutta l’Ue. In Italia questi rappresentano il 3,9 per cento degli occupati, con un livello e una crescita inferiori rispetto alle altre maggiori economie europee.

Fonte: Il Sole 24 Ore