Italiani tiepidi sull’impatto dell’Unione europea nella vita quotidiana

Appena quattro anni fa i paesi partner dell’Italia nell’Unione europea decisero di concedere al governo italiano circa 200 miliardi di euro in sussidi e prestiti per ristrutturare l’economia dopo la pandemia scoppiata nel 2020. Eppure, incredibilmente, l’ultimo sondaggio Eurobarometro pubblicato oggi, giovedì 3 ottobre, lascia trapelare una crescente distanza tra gli italiani e gli altri europei sui benefici della costruzione comunitaria.

Italiani tiepidi sull’azione Ue

Secondo lo studio demoscopico pubblicato dal Parlamento europeo, solo il 66% degli italiani ritiene che «l’azione dell’Unione europea abbia un impatto sulla sua vita quotidiana». La percentuale media in Europa è del 72%. Alla domanda su quanto sia importante per loro il fatto che l’Italia sia un paese membro della costruzione comunitaria, il 62% degli italiani risponde «totalmente importante», rispetto alla media del 67% degli europei (per il 25% degli italiani la partecipazione ha un impatto neutro, per l’11% è «non importante»).

I dubbi sul peso italiano a Bruxelles

Solo il 38% degli italiani ritiene che la voce del proprio paese pesi a Bruxelles (la media negli altri paesi è del 56%). Al tempo stesso, forse sorprendentemente, il 70% degli italiani si dice ottimista sul futuro dell’Unione europea (rispetto al 65% degli europei). A spingere i cittadini ad andare a votare alle elezioni europee del giugno scorso sono stati motivi molto pratici: il costo della vita, la situazione economica, la crisi della sanità, lo sconquasso internazionale.

Il vittimismo tricolore

I dati fanno riflettere. Come è possibile che rispetto alla media europea molti italiani non considerino importante l’impatto dell’Unione sulla loro vita quotidiana? Come è possibile che rispetto alla media europea molti italiani ritengano che la loro voce nazionale non si faccia sentire a Bruxelles? I risultati del sondaggio stonano alla luce del (pur sofferto) Piano nazionale di ripresa e resilienza e di un governo che ha fatto della difesa dell’interesse nazionale un suo cavallo di battaglia.

Una prima parziale risposta al paradosso potrebbe giungere dal dibattito pubblico, rilanciato dalla stampa e segnato da un continuo vittimismo rispetto a Bruxelles e alle sue politiche, un vittimismo che a lungo andare probabilmente influenza le percezioni dei cittadini. Il tasso di partecipazione al voto del giugno scorso è stato in Italia del 48%, rispetto a una media comunitaria del 51%. In Italia i più fedeli alle urne sono state le persone tra i 25 e i 39 anni e quelle con più di 55 anni.

Fonte: Il Sole 24 Ore