Jean Cocteau, giocoliere di talento

Invece la mostra allestita alla Collezione Peggy Guggenheim, la più grande retrospettiva dedicata finora in Italia a Jean Cocteau (1889–1963), vuole proprio omaggiare il genio di questo artista sfaccettato e ci immerge nella capacità proteiforme di Cocteau di creare poesia in qualsiasi modalità espressiva: un talento multitasking che entra in sintonia con il pubblico attuale. Troppo innovativo per il Novecento, Jean Cocteau è un artista della contemporaneità, perfetto per il nuovo millennio.

Poesia, teatro, cinema, omosessualità e oppio

La mostra è organizzata per sezioni: una è dedicata espressamente al rapporto tra Cocteau e le avanguardie novecentesche – Cubismo, Dadaismo, Surrealismo – mentre le altre trattano di poesia e della figura mitologica di Orfeo (in cui l’artista in parte si identifica), del classico nell’arte, Venezia e il rapporto con Peggy Guggenheim, il design, il mondo pubblicitario e quello cinematografico. Ampio spazio è riservato ai disegni erotici di Cocteau, alla sua omosessualità, alla dipendenza dall’oppio di cui l’autore non fece mai mistero.

Cocteau si declina come poeta (maudit?) e individua nella poesia la sua stella polare, il termine che descrive tutto il suo lavoro, che si tratti di poésie de roman, poésie graphique, poésie de théâtre, poésie critique, poésie cinématographique. Il curatore Kenneth E. Silver, storico dell’arte alla New York University, punta sulla versatilità di Cocteau, esponendo oltre centocinquanta lavori che spaziano dai disegni alle opere grafiche, quadri, arazzi, riviste, fotografie, libri e film. Un caleidoscopio di oggetti e opere d’arte tra cui le maschere teatrali e i gioielli disegnati dall’artista, compresa la mitica Spada d’Accademico di Jean Cocteau del 1955, realizzata su suo disegno da Cartier (main sponsor della mostra) in oro, argento e pietre preziose, che riporta il profilo di Orfeo: con quella spada, il 20 ottobre 1955, Jean Cocteau viene nominato Accademico di Francia.

Jean e Peggy

Negli anni del dopoguerra Cocteau frequenta la Mostra del Cinema di Venezia e il Festival di Cannes, dove presenta il film fiabesco “La bella e la bestia” interpretato dal compagno di una vita, l’attore Jean Marais; frequenta la casa dell’amica Peggy Guggenheim sul Canal Grande e a Murano collabora con Egidio Costantini creando vetri d’arte in quella che è lui a battezzare “La Fucina degli Angeli”. Il legame con Peggy risale al 1938, quando la mecenate, su suggerimento di Marcel Duchamp, aveva inaugurato la sua galleria londinese “Guggenheim Jeune” con una mostra dedicata a Jean Cocteau. L’esposizione includeva numerosi studi per i costumi e gli arredi della commedia I cavalieri della tavola rotonda (1937) oltre a due disegni di grandi dimensioni su lenzuola di lino, realizzati da Cocteau per l’occasione.

Uno di questi “La paura dona le ali al coraggio”, includeva un ritratto di Jean Marais con i peli del pube scoperti: particolare conturbante che fece scattare il blocco del disegno alla dogana britannica. Peggy riuscì a riscattare la tela promettendo di non esporla in pubblico. Il disegno è rimasto per anni nella collezione privata di Peggy che poi lo ha venduto a un lontano parente che a sua volta lo ha donato al Phoenix Art Museum, in Arizona; dopo oltre settant’anni l’enorme tela ritorna eccezionalmente a Ca’ Venier dei Leoni come uno dei pezzi forti dell’esposizione.

Fonte: Il Sole 24 Ore