La Camera americana vara il piano Biden da mille miliardi per le infrastrutture

La Camera americana ha approvato il piano infrastrutturale da mille miliardi, consegnando un primo cruciale successo all’ambiziosa agenda economica di Joe Biden sotto forma di ingenti investimenti pubblici in strade, ponti, porti, reti Internet e elettriche, ferrovie e acquedotti. Per il piano, che era già passato al Senato, si è trattato del voto definitivo che lo trasformerà in legge con la firma apposta del Presidente. I mille miliardi rappresentano la maggiore spesa federale in infrastrutture da oltre un decennio negli stati Uniti e comprendono anche interventi per rafforzare la resilienza del Paese davanti al clima estremo.

Il voto notturno

Il voto, avvenuto in tarda serata e al termine di una intensa maratona negoziale, è stato di 228 a favore e 206 contrari, con 13 repubblicani che hanno votato con la maggioranza e 6 democratici che si sono invece ribellati al proprio partito. Circa metà dei mille miliardi sono nuovi fondi nell’arco di dieci anni, il rimanente rappresenta il periodico rinnovo di finanziamenti per l’insieme della rete stradale.

Il via libera dei progressisti

A sbloccare l’impasse sono state le pressioni di Biden e la decisione della corrente democratica progressista, forte di un centinaio di deputati, di votare alla fine per la misura anche in assenza di un immediato parallelo voto sull’altro capitolo dell’agenda di Biden a lei cara: il progetto sociale e ambientale da 1.850 miliardi battezzato Build Back Better, tuttora resistito dai moderati. I progressisti, che finora avevano posto quel voto come condizione di un appoggio alla spesa in infrastrutture, contano che eventualmente il piano socio-ambientale otterrà sufficiente sostegno per decollare. Contiene provvedimenti che vanno da crediti d’imposta destinati alle famiglie per combattere la povertà a asili nido gratuiti e aiuti all’infanzia, da rafforzamenti della sanità a incentivi per la transizione alle fonti rinnovabili di energia.

L’attesa per Build Back Better

A complicare il passaggio di Build Back Better è il fatto che se il piano sulle infrastrutture ha ricevuto sostegno bipartisan, il progetto di legge su welfare e clima vede invece l’opposizione compatta dei repubblicani. Una realtà che richiede l’assenso di tutti o quasi i parlamentari democratici: alla Camera la loro fragile maggioranza non può perdere più di tre voti. E almeno sei esponenti moderati hanno finora rifiutato di impegnarsi a votare per il progetto, indicando di voler prima aspettare una valutazione ufficiale del suo impatto sull’economia da parte dell’ufficio studi del Congresso (il Congressional Budget Office). Una volta approvato dalla Camera, inoltre, occorre ancora il voto del Senato, dove gli equilibri sono semmai più delicati: i democratici non possono qui perdere neppure un voto. Possono vararlo a maggioranza semplice, invece che qualificata, usando speciali procedure di budget, ma anche così vi riuscirebbero solo grazie a tutti e 50 i loro senatori e al voto che spezza il pareggio in mano alla vicepresidente Kamala Harris.

Il peso della sconfitta elettorale

A generare senso di urgenza e accelerare il voto sulle infrastrutture ha contribuito la recente sconfitta nelle elezioni locali sofferta dai democratici, anzitutto la perdita della poltrona di governatore della Virginia, attribuita almeno in parte alla percezione di non aver rispettato le promesse di riforma e governato con efficacia. Biden ha reagito alla battuta d’arresto alle urne chiamando personalmente numerosi deputati per invocare la necessità di cominciare a far passare senza ulteriori indugi i pilastri della sua agenda. Ai progressisti, ai quali ha chiesto di votare subito per le infrastrutture, ha promesso che il resto dall’agenda è dietro l’angolo. “Durante la settimana del 15 novembre la Camera passerà il Build Back Better Act”, ha affermato. Le parole del Presidente hanno trovato conferma quando cinque democratici moderati e finora restii a sostenere le misure socio-ambientali hanno reso nota una lettera con la quale si impegnano a votare per Build Back Better a metà novembre purchè riceva una valutazione positiva dall’ufficio studi.

Fonte: Il Sole 24 Ore