«La Germania e l’Europa hanno bisogno di semplificazione e innovazione»
«La Germania ha bisogno di semplificazione e innovazione», per rilanciarsi e tornare competitiva, ma ci vorrà tempo. E lo stesso vale per l’Europa, secondo Josef Nierling, amministratore delegato di Porsche Consulting Italia.
Il Pil tedesco si è contratto nel 2023 e nel 2024 e le previsioni per il 2025 sono di crescita ferma allo “zero virgola”. Si aspettava una stagnazione così lunga?
La crisi ha cause che non sono possono essere rapidamente risolte e quindi è normale che per alcuni trimestri, ma probabilmente anche alcuni anni, certe industrie, come l’automotive, la chimica, l’acciaio, dovranno ritararsi, anche per motivi di costi non più competitivi. E quindi dobbiamo aspettarci una ripresa più lenta. Mi auguro si colga l’occasione per facilitare innovazione e investimenti, a livello tedesco e a livello europeo. La Germania ha bisogno di una semplificazione forte e di uno spostamento di capitali verso l’innovazione. Per il settore automotive l’innovazione è l’elemento principale per tornare a competere.
Molti gruppi in Germania stanno licenziando o hanno annunciato licenziamenti: c’è il rischio che la crisi finisca per incidere sui livelli generali di occupazione?
In questa fase non c’è crisi occupazionale in Germania, anzi il quadro è piuttosto positivo, perché il sistema produttivo riesce ad assorbire tutte le risorse umane disponibili sul mercato del lavoro. Al contrario nel lungo termine c’è una mancanza di personale. Nelle fasi di ristrutturazione, si comincia con l’affrontare i sintomi e quindi con il taglio dei costi, anche per far fronte alle situazioni di sovracapacità. La malattia vera è però la perdita di competitività. Ed è su quello che dobbiamo agire.
La crisi della Germania preoccupa tutti, perché in Europa non c’è un Paese che la possa sostituire come traino per la crescita.
Io non penso che ci possa essere un’alternativa, perché non guardo mai a un singolo Paese, ma all’Europa. Spero che questo sia il momento perché si guardi all’Europa in senso aggregato e che sia questa la forza trainante per tutto aumentare il benessere nel continente. Come europei, visto quanto siamo orientati all’export, Italia e Germania soprattutto, dovremmo guardare a quali altri Paesi che possono essere per noi di interesse. Magari non potranno sostituire la dimensione del commercio con la Cina, per esempio, ma che possono affiancarsi e assorbire quella perdita che sperimentiamo in quel mercato. Penso in particolare ai Paesi dell’Asean, quindi del Sud Pacifico, e ad alcuni passi concreti che si vogliono fare per esempio in direzione dell’India. Occorre lavorare in maniera congiunta, come Europa, non solo per mantenere quei mercati fondamentali che sono gli Stati Uniti e la Cina, ma anche per rafforzare i rapporti con altre economie, con accordi di libero scambio.
Che impressione le ha fatto il discorso di inaugurazione di Donald Trump?
Sul commercio internazionale, mi sembra tutto nelle aspettative. Finora il messaggio è anzi più moderato rispetto a quello che sembrava poter essere prima dell’inaugurazione. Quello dei dazi è un tema fondamentale, perché tariffe intorno al 20% contro l’Europa, come Trump minacciava, potrebbero costare circa il 15% dell’export alla Germania, con un effetto simile per l’Italia, secondo le nostre stime. Non credo però che si arriverà a questi a questi livelli. La risposta data a Davos dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, mi sembra tutto sommato positiva, nella misura in cui cerca di non aumentare le tensioni. Al contrario, von der Leyen ha parlato di tempi rapidi per l’avvio di una negoziazione, al fine di evitare escalation. Questa trattativa molto probabilmente passerà per temi caldi per Trump, come la spesa per la difesa e il settore aerospaziale, un punto su cui abbiamo potenzialità per investire a livello europeo.
Fonte: Il Sole 24 Ore