La Groenlandia, l’Eldorado bianco che Trump vorrebbe sottrarre agli inuit

La Groenlandia, l’Eldorado bianco che Trump vorrebbe sottrarre agli inuit

Gli ultimi trenta minuti del volo che collega Reykjavik a Nuuk, l’Islanda alla Groenlandia, consentono una veduta dall’alto, che forse è una visione immaginifica: le geometrie irregolari dei piccoli iceberg e i giochi di luce di una regione quasi artica, sono un lifting dell’anima.

La strada che collega l’aeroporto alla piccola cittadina di Nuuk, la “capitale” della Groenlandia, è ghiacciata, il silenzio ancestrale violato solo dal picchiettio delle gomme chiodate dell’auto. Un raggio di sole trapassa i finestrini del taxi, ma è un pomeriggio di perturbazioni: c’è neve nell’aria (qanik), neve per terra (aput), e cumuli ai lati della carreggiata (apusiniq). La lingua inuit possiede almeno 20 parole per definire la neve, ma la questione è aperta: il linguista David Harrison, nel suo libro “The last speakers”, sostiene che siano più di 90 le parole usate dagli eschimesi per dire neve.

Dopo aver costeggiato il porto, quello dei pescherecci, c’è un solo edifico che si staglia all’ora del tramonto: Arctic Command. (Comando Artico). Come a ricordare che nell’isola contesa, non siano gli inuit a comandare. Il primo accordo tra Stati Uniti e Danimarca risale al 1951, rinnovato nel 2004, sancisce il controllo militare di Washington sull’isola la cui superficie è sette volte quella dell’Italia con una popolazione di 57mila persone.

Poche settimane fa Donald Trump ha avuto il (de)merito di dire chiaro, «voglio comperare la Groenlandia». A reti unificate, affinché non ci fossero fraintendimenti né a Mosca, né a Pechino e neanche a Copenhagen. La Groenlandia, va ricordato, è un protettorato della Danimarca. Ecco perché gli accordi di sovranità militare americana, già vigenti, rendono «assurde» le dichiarazioni di The Donald. Lo dice Peter Viggo Jacobsen, docente al Royal Danish Defence College di Copenhagen.

Tra pochi giorni, l’11 marzo, a Nuuk si vota e ciò avviene in un momento di elevata tensione geopolitica. L’appuntamento per il rinnovo del parlamento monocamerale della Groenlandia ha riacceso il dibattito sull’indipendenza dell’isola; le minacce di Trump hanno generato, quasi fosse un riflesso pavloviano, la replica più prevedibile. Il governo danese ha fatto sapere di … «non essere interessato a vendere». Oggi un sondaggio condotto dalle società di ricerca Verian per il quotidiano Sermitsiaq in Groenlandia e per il danese Berlingske dice che solo il 6% dei residenti vorrebbe “appartenere” agli Stati Uniti, l’85% respinge con forza l’idea di diventare nipoti dello Zio Sam.

Fonte: Il Sole 24 Ore