La legge 164 tra diritto e libertà di autodeterminarsi
Essere visibili e riconosciuti per chi si è: un diritto non scontato per le persone transgender che chiedono di cambiare sesso sull’atto di nascita. In Italia è possibile farlo con la legge 164/1982 che autorizza la rettificazione di attribuzione di sesso ad avvenute modificazioni dei caratteri sessuali. Pur consentendo un diritto fino ad allora negato, «se oggi confrontiamo la legge 164 con quello che accade in molti altri Paesi – Spagna, Belgio, Malta, Germania – la norma italiana chiede ancora alla persona in affermazione dell’identità di genere di presentarsi davanti a un giudice per affermare la propria identità di genere e modificare i dati anagrafici» commenta Angelo Schillaci, professore di diritto pubblico comparato all’università Sapienza.
Il riconoscimento dell’identità di genere è vincolato a «intervenute modificazioni dei caratteri sessuali» disposte e verificate dal tribunale: un nodo cruciale che, sulla scia di definizioni patologizzanti della disforia di genere – rimossa dalla lista delle malattie mentali dall’Oms nel 2018 – lede il diritto all’autodeterminazione. Ma, precisa Schillaci, «la formulazione della legge è sufficientemente ampia da consentire alla giurisprudenza, a partire dal 2015, di interpretarla in modo più favorevole alla persona».
Sia la Corte di Cassazione (sent. 15138/2015) che la Corte Costituzionale (sent. 221/2015) hanno stabilito che la corretta interpretazione della legge 164 esclude la necessità, ai fini della rettificazione anagrafica, del trattamento chirurgico. «Le sentenze danno spazio alla scelta della singola persona – continua Schillaci – perché riconoscono che non esiste un unico schema di affermazione dell’identità di genere che includa necessariamente l’intervento chirurgico». Nell’applicazione della legge, questo implica un cambiamento sostanziale: «La richiesta non si articola più in due procedimenti l’uno condizionato all’altro, ma in un’unica domanda in cui si chiede la rettificazione anagrafica e, se la persona lo desidera, anche l’autorizzazione all’intervento chirurgico». I passi avanti negli altri paesi – in Spagna la rettifica del sesso si basa sulla dichiarazione di volontà – aprono la strada per sciogliere i nodi che restano.
Fonte: Il Sole 24 Ore