La lunga notte delle urne americane

La lunga notte delle urne americane

L’immobiliarista newyorchese con casa in Umbria prevede una grande vittoria repubblicana. Il professore italoamericano che insegna in Michigan guarda speranzoso alle code per entrare all’ultimo comizio di Harris. La cugina di un’amica ebrea romana che dice che voterà Trump per salvare lo storico rapporto con Israele. Il curatore museale dell’Ohio che racconta come nessuno osi più parlare di politica per non dover litigare con il vicino. Quale di queste tessere rappresenta meglio il mosaico che si andrà componendo nella notte italiana? Mentre negli Usa già si vota, è impossibile saperlo.

Di fronte alla spaccatura verticale del Paese, non aiutano neppure i sondaggi. Con quelli principali fermamente inchiodati sul 50-50, o meglio 48-48, ha scompigliato le carte quello sull’Iowa di Ann Selzer: la sondaggista indipendente, le cui previsioni nel 2016 e 2020 si sono rivelate azzeccate, vede Harris in vantaggio su Trump nell’Iowa, stato “rosso” che diventerebbe così “blu”. E se questo avviene nell’Iowa, cosa sta accadendo nel resto del Midwest, cuore di quell’America profonda incarnata dai due candidati alla vice presidenza Walz e Vance, portavoce l’uno di solidarietà silenziosa e l’altro di rabbia urlata? Ed è vero che solo Selzer ha percepito il movimento degli elettori mentre gli altri istituti hanno sottopesato la variabile femminile (per dirne una), oppure è lei ad aver preso una cantonata clamorosa?

In ultima analisi, è davvero una scelta epocale, che peserà anche sul resto del mondo, oppure stiamo assistendo alla mediatizzazione di uno scontro fisiologico in una democrazia nella quale destra e sinistra si avvicendano con regolarità? Bisogna aver più paura di Trump, le cui sparate autocratiche potrebbero rivelarsi delle boutade, o di Harris, il cui progressismo potrebbe essere implementato fino in fondo?

Con i tempi della storia – quei 20-30 anni necessari per comprendere scelte e conseguenze, sulla base di documenti e autobiografie – tutto sarà più chiaro. Nella serata delle elezioni, il vincitore diventerà chiaro nei minuti degli exit poll e nelle ore degli spogli, tutt’al più nei giorni dei ricorsi che tutti considerano inevitabili. Sempre che, come molti temono, non si debba assistere a scontri di piazza, fomentati dalle opposte fazioni o alimentati dalla guerra ibrida russa attraverso le permeabili piattaforme social.

Il voto per la Casa Bianca concentra tutto questo, anche se in realtà contano quasi di più i risultati della Camera e del terzo del Senato che verranno rinnovati. Un presidente blu con un Congresso rosso (e viceversa) non potrebbe approvare un bilancio, ratificare un trattato, neppure nominare un ambasciatore. Da New York a Seattle, da Atlanta a Phoenix, da Chicago a Fort Worth, ma anche da Londra a Roma, da Parigi a Kiev, da Gerusalemme a Berlino, il conto alla rovescia è partito. Come per il veglione di Capodanno, si aspetta la mezzanotte. Ma con molta più ansia che divertimento.

Fonte: Il Sole 24 Ore