La moda nel 2025: prezzi, mercati e nuovi creativi tra le sfide per il settore
Prezzi alti e 50 milioni di clienti persi
Più trasversale è la questione prezzi: se il lusso ha perso 50 milioni di consumatori è anche a causa dello spostamento dei prezzi verso l’alto (nonostante il costo di alcune materie prime sia poi calato) che ha lasciato un vuoto di offerta nella fascia di prezzo più abbordabile. Chi invece si è concentrato sui prezzi bassi – vedi piattaforme come Shein, il gigante dell’ultra fast fashion con base a Singapore – ha conquistato quote di mercato specialmente in Usa ed Europa, dove anche i tradizionali produttori di fast fashion come H&M hanno vissuto un anno sotto le stime (la cosa non vale per Inditex, il gruppo di Zara, ha chiuso i primi nove mesi del 2024 con fatturato a 27,4 miliardi di euro, +7,1% sul 2023, e utile lordo a 16,3 miliardi, +7,2%).
Tornando al lusso, l’aver tagliato fuori i consumatori aspirazionali è costato caro ai brand. Uno studio di McKinsey diffuso ad aprile 2024 stima che i consumatori aspirazionali del lusso acquistano prodotti per un valore pari al 18% del valore del mercato della moda e al 50% del mercato del lusso. Riconquistare una platea di consumatori che in questi quattro anni si è sentita tagliata fuori dal lusso a beneficio dei pochi che sono al top della piramide sarà forse la sfida più grande per le maison, che stanno studiando come farlo. Lo sviluppo del canale off price – con collezioni “basic” prodotte ad hoc per i negozi outlet è una strada, visto il successo che sta avendo questo canale di vendita – è dunque una delle formula che le aziende stanno sviluppando. Abbassare i prezzi, invece, potrebbe non essere un’opzione: Andrea Guerra, ceo di Prada Group, all’Osservatorio Altagamma ha ammesso che in questi anni è stato fatto l’errore di alzare i prezzi «solo perché era facile», ma ha anche detto che «l’errore però non si risolverà abbassando i prezzi o portando sul mercato prodotti più economici, ma offrendo creazioni di qualità, raccontando una storia e determinati valori ed essendo credibili».
Creatività e credibilità: un test per i nuovi manager
Creatività e credibilità sono due perni dell’identità di un brand, specialmente del lusso. Negli ultimi mesi le maison, in difficoltà e non, hanno preso importanti decisioni a livello manageriale (perché di manager si tratta) cambiando i direttori creativi. L’ultimissimo giro di valzer pre natalizio ha visto l’enfant prodige Mathieu Blazy, che ha saputo far crescere Bottega Veneta e gestirla in un momento complesso per il gruppo di cui fa parte, passare a Chanel, con Louise Trotter, ex direttrice creativa di Carven, al suo posto da Bottega Veneta. L’annuncio è stato l’ultimo di una lunga serie di cambi ai vertici creativi delle maison avvenuti nel corso del 2024. Ad aprile Alessandro Michele ha assunto la direzione creativa di Valentino (la maison era stata lasciata, dopo 25 anni in azienda, da Pierpaolo Piccioli: ancora senza “destinazione” ; a fine maggio Veronica Leoni è stata nominata direttrice creativa di Calvin Klein Collection, che con lei tornerà a sfilare a New York a febbraio; a settembre Sarah Burton è diventata la nuova direttrice creativa di Givenchy (Lvmh); l’11 dicembre scorso è arrivato invece l’addio di John Galliano alla direzione creativa di Maison Margiela (Gruppo Otb) che aveva assunto dieci anni fa. Molti altri cambi, si vocifera, accadranno nel 2025: il contratto di Donatella Versace sarebbe in scadenza in primavera e, a seguito della mancata fusione tra Capri Holding e Tapestry Group, il gruppo americano proprietario della Medusa potrebbe tentare un rilancio con un altro direttore creativo prima di un’eventuale vendita.
Numerosi cambi al vertice sono avvenuti – logicamente – anche in altre posizioni delle maison. Tra quelli che più incuriosiscono gli addetti ai lavori c’è la nomina di Stefano Cantino a ceo di Gucci, al posto di Jean-François Palus che nel 2023 aveva preso le redini del brand dopo l’addio di Marco Bizzarri. Cantino è arrivato in Gucci nel 2024, a maggio, come deputy ceo, e dal 1° gennaio 2025 avrà il ruolo che fu di Palus e dovrà riportare a Francesca Bellettini, Kering deputy ceo e responsabile per il brand development del gruppo. Cantino ha alle spalle una lunga carriera nel lusso: aveva passato gli ultimi cinque anni da Louis Vuitton, dove era entrato nel come senior vicepresident comunicazione & eventi (nel 2023 la nomina di Pharrell Williams a direttore creativo uomo e la grandiosa sfilata sul Pont Neuf), ma prima aveva passato vent’anni in Prada, occupandosi sempre di marketing e comunicazione (da ultimo, era communication and marketing director).
Sostenibilità: tra obbligo e competitività
L’ultimo capitolo di questo focus sull’anno che si sta aprendo va alla sostenibilità, un tema su cui le aziende hanno voluto ma soprattutto dovuto concentrarsi anche a seguito delle normative che sono state approvate dall’Unione europea nel corso del 2024: il regolamento Ecodesign, che impone tra gli altri il passaporto digitale del prodotto dal 2027; le direttive “corporate” sulla sostenibilità: la Csrd che già impone alle aziende più grandi un report di sostenibilità; la Csddd che imporrà, sempre a partire dalle aziende più grandi, ma a cascata su tutta la filiera, il controllo appunto della catena produttiva (per evitare episodi come quelli accaduti in Armani Operations, Dior e Alviero Martini); il regolamento sulla Deforestazione, che seppur posticipato di un anno, obbligherà le aziende della pelle a certificare tutta la catena di approvvigionamento; il regolamento sulla Sicurezza dei prodotti, in vigore dal 13 dicembre scorso, che prevede che i fabbricanti indichino sui prodotti tessili e calzature informazioni sulle fibre di cui è composto il prodotto. Da ultimo (ma non per importanza), il tema rifiuti tessili: la Ue approverà la revisione della direttiva quadro sui Rifiuti introducendo l’Epr anche per questo settore (in Italia è già stata introdotta, ma solo sulla carta). Il tema è se le aziende riusciranno a tenere il passo – soprattutto in termini di investimenti – con questa trasformazione significativa, se questo andrà a riflettersi ancora una volta sui prezzi e come reagirà il consumatore e se verrà preservata la competitività delle imprese vincolate agli obblighi rispetto a quanto accadrà ai produttori extra Ue. Con l’Unione che punta, in questa legislatura, proprio sulla competitività industriale nella transizione, la partita è quanto mai aperta.
Fonte: Il Sole 24 Ore