La moda teme un 2024 stagnante. Viaggi, sostenibilità e AI sono i driver di crescita
Il 38% degli executive delle aziende di moda pensa che le condizioni nel 2024 peggioreranno rispetto all’anno in corso. Un altro 37% ritiene che rimarranno stabili e il 26% che, invece, miglioreranno. Le previsioni sul 2024, fatte da McKinsey e Business of Fashion e contenute nell’edizione 2024 del report The State of Fashion, sono spaccate in tre blocchi. Le interviste per l’indagine sono state fatte a settembre 2023 e quindi prima dell’inizio della guerra tra Israele e Hamas – e ciò potrebbe, nella realtà, assottigliare la quota degli ottimisti – ma il dato di fatto è che, anche al netto di questo evento, sul 2024 della moda mondiale (così come su molti altri settori) aleggia una grande incertezza.
Gli executive spaccati sul 2024
«È la prima volta che vediamo una così netta frammentazione dei punti di vista – spiega Gemma D’Auria, senior partner di McKinsey e tra gli autori dello studio -. Sul futuro pesa in primis l’instabilità geopolitica (che è il principale rischio per il 62% degli executive) e non solo quella legata alle zone di guerra, ma anche, per esempio, ai rapporti tra Stati Uniti e Cina, alle elezioni presidenziali negli Usa. C’è poi il costo della vita, che è aumentato e pesa sui consumi e infine, il tema sostenibilità: con le numerose regole in arrivo ma anche l’impatto economico immane della crisi climatica le aziende hanno capito che è una questione in cui gli investimenti non possono più essere rimandati». Secondo il report, la moda è attualmente responsabile di una percentuale di emissioni di gas serra che oscilla tra il 3 e l’8% a livello globale e il cambiamento climatico potrebbe avere sulle esportazioni di abbigliamento, a livello globale, un impatto pari a 65 miliardi di euro, con una perdita complessiva di un milione di posti di lavoro in segmenti chiave, sempre entro la stessa data. Ad oggi il 67% dell’export di cotone e il 52% delle esportazioni globali di abbigliamento sono altamente impattate da disastri ambientali legati al cambiamento climatico.
La crescita tra il 2 e il 4%, mentre il lusso arriverà fino a +5%
Nel complesso le McKinsey Fashion Growth Forecast parlano di un 2024 stagnante con una crescita stimata tra il 2 e il 4 per cento, con il lusso “trainante” in salita del 3-5 per cento. La Cina, così come Europa e Usa, registrerà un marcato rallentamento rispetto al 2023, ma sarà l’unico mercato in cui la crescita sarà non solo più elevata (dal +4 al +6%) ma anche più omogenea: la stima di incremento è infatti la stessa sia per il segmento lusso sia non lusso. Nell’opinione degli executive, tuttavia, i mercati più promettenti nel 2024 saranno Medio Oriente (citato dal 51% degli intervistati), con l’Arabia Saudita fresca di aggiudicazione di Expo 2030 a Riyadh, e India (39%) e Asia Pacifico (al netto della Cina, con il 34% delle preferenze).
Il ritorno dei viaggi «salva» l’Europa
Il vero driver della moda nel 2024 saranno i viaggi: «È il primo anno in cui riscontriamo livelli di viaggi superiori a quelli del 2019 – conferma Gemma D’Auria -. L’80% dei consumatori che abbiamo intervistato per lo State of fashion consumer survey 2024 farà shopping in viaggio, e di questi il 28% pensa spenderà di più. Molte persone non viaggeranno negli stessi posti di prima: più della metà ha detto di stare cercando nuove destinazioni per fare esperienze culturali, anche legate al cibo». Secondo D’Auria questo sbilanciamento verso le esperienze è un’opportunità di sviluppo per i brand di moda e lusso: «Può favorire un ecosistema fatto di partnership tra moda e hospitality, moda ed entertainment».
I nuovi driver: outdoor e intelligenza artificiale generativa
Tra i fattori che spingeranno la crescita, nel 2024 e nei prossimi anni, oltre a queste commistioni tra marchi, prodotti ed esperienze che risultano relativamente nuovi (soprattutto il lusso, infatti, ha all’attivo diverse esperienze in chiave lifestyle), il report The State of Fashion individua due filoni chiave: il mondo dell’outdoor, con un rinnovato interesse sia per le discipline sportive sia una spinta a una vita più sana nata durante la pandemia, e il ricorso all’intelligenza artificiale generativa che per il 73% degli executive intervistati sarà una priorità negli investimenti per il 2024:«Nonostante le persone abbiano ricominciato a mettersi la giacca per tornare in ufficio – spiega D’Auria – la voglia di uno stile di vita più sano sta portando alla ricerca di capi e accessori che abbinino stile e funzionalità. Lo vediamo nelle performance dei brand sportswear e outdoor, che continuano a essere positive». Se questo cambiamento di rotta è già una realtà riconoscibile appunto nelle performance dei brand dettate dalle scelte dei consumatori, la sfida sull’AI ha molto più i contorni di una scommessa per il futuro: «L’intelligenza artificiale generativa avrà un impatto molto disruptive e le società stanno cominciando a pensare a come può essere utilizzata per amplificare le capacità umane nei processi creativi, così anche da limitare gli sprechi ed essere più efficienti», conclude.
Fonte: Il Sole 24 Ore