La Motor valley a Bruxelles: un fondo sovrano per supportare gli investimenti

La Motor valley a Bruxelles: un fondo sovrano per supportare gli investimenti

Il percorso per la decarbonizzazione della mobilità europea va rivisto all’insegna del principio della neutralità tecnologica (contemplando un mix di tecnologie: elettrico, plug-in, idrogeno, biofuel) e va supportato da un piano di ricerca sull’energia (per abbattere i costi e realizzare batterie made in Europe) e da un fondo sovrano per gli investimenti industriali. Sono le richieste avanzate dagli operatori della motor valley emiliano-romagnola, riuniti a Bologna in occasione del tavolo regionale sull’automotive. Una filiera strategica per la via Emilia e per il Paese, con 388 imprese specializzate, 20mila addetti (il 13% del totale nazionale), 12 miliardi di euro di fatturato (il 16% del dato italiano) e un export da 9,8 miliardi di euro (il 21,4%).

Le richieste dell’Emilia-Romagna all’Ue

«Dobbiamo portare a Bruxelles i temi fondamentali per la rinascita del comparto. Occorre lavorare tutti insieme a una politica sulla filiera della componentistica europea, affinché questa torni nel nostro Paese e in quelli dell’Unione. E bisogna prevedere adeguati ammortizzatori sociali per la transizione al fine di salvaguardare le competenze territoriali, anche nelle piccole imprese», sono le parole del vicepresidente della Regione con delega allo Sviluppo economico, Vincenzo Colla, all’uscita dal tavolo cui hanno partecipato Anfia, Confindustria, Cna, Confartigianato, Aica-AutoPromotec, Senaf, Bologna Fiere, Muner e Art-Er. La Regione si è impegnata a portare le istanze della filiera all’attenzione dell’Europa, sia alla Commissione sia all’associazione Automotive Regions Alliance, l’alleanza tra 36 regioni europee impegnate ad agevolare la transizione dell’industria automobilistica e dell’indotto.

L’Europa verso la green transition o il riarmo?

La discussione si è inserita in un contesto di forte incertezza per l’industria dell’auto. Il crollo della produzione italiana, che a dicembre 2024 ha registrato un calo del 36,6% su base annua, si somma all’invasione di vetture cinesi nel mercato europeo e alla decisione degli Stati Uniti di imporre dazi del 25% sulle importazioni. Non bastano le rassicurazioni arrivate ieri dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che ha annunciato l’introduzione di una finestra di tre anni per il calcolo delle emissioni CO2, ma senza modificare la deadline del 2035 per l’eliminazione del motore endotermico. «La nostra industria sta soffrendo moltissimo la competizione cinese – commenta Marco Stella, presidente della Filiera Automotive di Confindustria Emilia e Ad di DTS Spa –. Gli Stati Uniti proteggono il proprio comparto, l’Europa no. Se non si tiene conto di questo contesto, vuol dire che il problema è interno».

Così come non è chiaro ai costruttori di componentistica emiliano-romagnoli, impegnati a riconvertire le produzioni verso motori puliti e soluzioni per l’aerospazio, se la risposta sia invece del piano “Rearm Europe” lanciato da von der Leyen. La domanda che circola è: usciranno Panda o carri armati da Pomigliano?

L’energia è un cappio anche per la componentistica

Sul tavolo anche la questione dei costi energetici, ancora troppo alti rispetto ai competitor internazionali. La filiera dell’automotive insiste sulla necessità di un piano di investimenti europeo in nuove tecnologie per l’efficienza energetica. «L’Europa deve scegliere se vuole una industria ancora competitiva o se intende lasciare spazio ad altri», afferma Stella, preoccupato perché «il contesto internazionale è cambiato improvvisamente e il legislatore europeo non ne prende atto e prosegue dritto in un processo di transizione industriale green carico di ideologia. Il piano per il rilancio dell’auto atteso a giorni – conclude – non ha recepito quasi nessuno de temi che avevamo discusso. È indispensabile che Bruxelles ripensi al quadro normativo fin qui impostato, misure come le multe e lo stop definitivo alla produzione di auto con motori endotermici nel 2035 devono essere cancellate».

Fonte: Il Sole 24 Ore