La poetica di Yorgos Lanthimos, ultimo Leone d’oro
Yorgos Lanthimos ha alzato il Leone d’oro. Uno degli autori più discussi, controversi, amati e odiati del panorama internazionale ha ottenuto il riconoscimento più ambito della Mostra del Cinema di Venezia grazie a “Povere creature!”, film che arriverà nelle nostre sale a fine gennaio 2024, pronto naturalmente per concorrere anche agli Oscar.
È il premio più significativo vinto fino a oggi in carriera per il regista greco, nato ad Atene nel 1973, che ha iniziato a dirigere video, spot, cortometraggi e spettacoli teatrali nel corso degli anni Novanta, prima di esordire al lungometraggio nel 2001 con “O Kalyteros mou filos”, realizzato però in coppia con uno dei suoi mentori, Lakis Lazopoulos.
La sua opera prima in solitaria è “Kinetta” del 2005, un film che mette subito in chiaro quali saranno le ossessioni dell’autore all’epoca trentaduenne: al centro ci sono tre personaggi che (ri)mettono in scena delle sequenze di violenza e omicidi realmente avvenuti. Si può pensare a “Crash” di David Cronenberg come modello, anche per le atmosfere opprimenti messe in scena, ma Lanthimos si concentra di più sul vuoto esistenziale che circonda i personaggi, non creando empatia con loro ma anzi distaccandosene. Nonostante sia il suo esordio in solitaria, si sente già una forte maturità nel trattare certe tematiche ma anche un notevole autocompiacimento, non certo diffuso tra i registi che realizzano il loro primo lungometraggio.
Dogtooth e Alps
Nel 2009 arriva la pellicola che cambia la sua carriera. “Dogtooth” racconta di una famiglia che vive in una villetta con un bel giardino in una situazione apparentemente rassicurante, ma dove si annidano tutte le caratteristiche del perturbante di stampo freudiano: i genitori tengono i tre figli reclusi in casa, raccontando loro di un mondo esterno completamente distorto rispetto alla realtà.Con spunti addirittura orwelliani (il padre “educa” i figli nominando le cose con termini diversi da quelli che hanno in realtà) questa pellicola è una grande metafora sociopolitica della Grecia vista da Lanthimos, della xenofobia e del desiderio di controllare tutto con la menzogna come ai tempi della dittatura.Presentato al Festival di Cannes, dove vinse nella sezione Un Certain Regard, “Dogtooth” è un film che già polarizza gli spettatori di Lanthimos, tra chi lo osanna per la genialità dell’idea narrativa e chi lo critica fortemente per la freddezza dimostrata nei confronti del genere umano.
Lo stile si fa altrettanto asettico con “Alps”, un altro lungometraggio dal soggetto decisamente curioso. Una piccola società chiamata “Le Alpi” offre un particolare servizio a pagamento: sostituire, sotto compenso, persone appena defunte. Per la prima volta Lanthimos arriva in concorso a Venezia, nel 2011, con questo film che vince l’Osella per la miglior sceneggiatura. Visti temi trattati, ancora una volta l’autore greco divide, ma in quest’opera dalla messinscena raggelante e dallo stile soffocante c’è tanta della bravura del regista, della sua consapevolezza e della capacità di dare vita a pellicole originali e opprimenti allo stesso tempo.Sospesi tra le leggi del paradosso e dell’assordo, unite a uno stile che può richiamare la glaciale meticolosità di un grande autore come Michael Haneke, questi tre lungometraggi realizzati in patria contribuiranno in maniera decisiva a lanciare in Grecia una vera e propria corrente di registi che si rifanno allo stile di Lanthimos, vero e proprio capofila di questa new wave: da Alexandros Avranas a Athina Rachel Tsangari, fino ad arrivare a Christos Nikou, sono davvero tanti i nomi che guardano a Lanthimos come fonte d’ispirazione.
The Lobster e Il sacrificio del cervo sacro
Nel 2015 Lanthimos dirige il suo primo film in lingua inglese, “The Lobster”, una coproduzione internazionale con protagonista Colin Farrell. Indubbiamente è già un po’ straniante vedere uno dei registi più radicali del cinema europeo dirigere un divo di Hollywood ma sarà solo l’inizio di un percorso dell’autore greco per “allargare” il suo pubblico.Premio della Giuria al Festival di Cannes, è un’altra pellicola profondamente distopica, che racconta di una società in cui è obbligatorio essere in coppia: chi rimane single verrà trasformato in un animale.Il soggetto, ancora dal taglio orwelliano, è molto interessante, ma il film mette davvero tantissima carne al fuoco facendo un po’ fatica a trovare tutte le giuste strade per evitare la trappola di cadere in qualche passaggio narrativo troppo confuso. Il fascino e le suggestioni sono ancora importanti, però, e lo stile del regista non è così distante da quello dei suoi lavori precedenti.Quel cinismo che in molti imputano a Lanthimos arriva allo scoperto con quella che, per chi scrive, è il punto più basso della sua carriera: “Il sacrificio del cervo sacro”, film in cui un noto chirurgo dovrà sacrificare un membro della sua famiglia per poter salvare gli altri. La narrazione richiama la tragedia greca (Euripide con “Ifigenia in Aulide”, in primis) ma la freddezza generale della vicenda porta lo spettatore a una conclusione molto dubbia da un punto di vista etico e morale. Anche con questa pellicola, ancora con protagonista Colin Farrell, è arrivato però un premio a Cannes (miglior sceneggiatura) e una fortissima divisione tra fan e detrattori.
La favorita e Povere creature!
Dopo una carriera costruita in buona parte sulla vivisezione degli aspetti più oscuri dell’animo umano, Lanthimos dà vita a una pellicola più sarcastica con “La favorita”. Il pessimismo di fondo dei suoi lavori precedenti si sente meno e c’è anche spazio per una certa ironia in questo lungometraggio che racconta della sfida tra due donne (Emma Stone e Rachel Weisz) per diventare la favorita della Regina Anna d’Inghilterra (Olivia Colman).L’esibizionismo formale della regia è più evidente che mai (tra immagini deformate e sinuosi movimenti di macchina), ma la sceneggiatura riesce ad appassionare e il film risulta godibile e capace di raccontare al meglio la ferocia e la crudeltà dei personaggi in scena. Presentato a Venezia, il film ha vinto il Gran Premio della Giuria e la Coppa Volpi come miglior attrice per Olivia Colman.Dopo tutti questi riconoscimenti, è giunto il grande trionfo con il Leone d’oro a “Povere creature!”, film in cui Lanthimos arriva al pieno compimento di quel percorso pensato per ampliare il suo pubblico da un punto di vista commerciale pur rimanendo fedele ai suoi spunti preferiti.
Fonte: Il Sole 24 Ore