La quota dell’industria sul Pil scende al 18,1%: era al 19,9% pre Covid
Sempre più giù. Il caso Stellantis è solo il fenomeno più visibile di un processo più ampio: che rischia di configurarsi come un declino strutturale dell’industria in Italia (e in Europa). Da noi, la quota dell’industria sul Pil continua a scendere. In una flessione silenziosa ma costante che sta cambiando i connotati dell’economia nazionale; e la sta rendendo sempre più dipendente dai servizi, con tutte le conseguenze (ancora da misurare) su qualità dell’occupazione, salari, innovazione, produttività. Cioè, in pratica, su tutti i fattori che decidono lo sviluppo.
I conti trimestrali diffusi lunedì dall’Istat con le stime definitive sulle dinamiche di luglio, agosto e settembre segnano solo l’ultima (finora) tappa di un cammino lungo. Quest’estate l’industria in senso stretto, vale a dire il settore secondario con l’esclusione delle costruzioni, ha generato valore aggiunto per 78,639 miliardi (in valori concatenati con anno di riferimento 2020).
Il dato si ferma lo 0,9% sotto i livelli dei tre mesi precedenti, mentre rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso la flessione è dell’1,7 per cento. Ma oltre ai classici confronti tendenziali e strutturali, sono gli andamenti di lungo periodo a mostrare in modo evidente lo scivolamento della produzione manifatturiera italiana. Perché per l’industria, in sintesi brutale, il Covid non è finito. E il ritorno ai livelli pre-pandemici completato dal Paese già lo scorso anno rimane un obiettivo ancora ambizioso.
Il dato trimestrale si colloca infatti il 2,9% sotto quello registrato nello stesso periodo del 2019, e il differenziale è simile (-2,23%) se si allarga lo sguardo all’intero periodo che va da gennaio alla fine di settembre. In pratica, peggio dell’industria ha fatto solo l’agricoltura (-3,9% rispetto al 2019), la cui crisi di lungo periodo è circondata da un sostanziale silenzio spiegabile con il peso ormai marginale del primario sul complesso del Pil italiano.
Per l’industria, però, è diverso. O meglio, dovrebbe esserlo. Perché anche manifattura e affini vedono ridursi di mese in mese il peso sul totale dell’economia nazionale, oggi al 18,2% contro il 19,9% di quattro anni fa. Ma il loro ruolo rimane centrale, soprattutto se si vuole rimanere agganciati ancora al gruppo di testa dei Paesi sviluppati.
Fonte: Il Sole 24 Ore